Sarà per la soluzione del caso Petrini, con il ritorno di tutte le azioni del gruppo industriale in mani italiane. Per le richieste di maggiori finanziamenti pubblici che arrivano dalle aziende che si occupano di bioagricoltura. O per l’ormai prossima apertura della Settimana enologica di Montefalco, che porterà nei calici di enologi e appassionati l’ultimo Sagrantino del secondo millennio. Certo è che il comparto agroalimentare umbro torna in primo piano, proprio alla vigilia della presentazione ufficiale dei risultati del quinto censimento dell’agricoltura che sarà illustrato fra qualche giorno dall’Istat. Un settore che si muove fra tradizione e innovazione, che non ha abbandonato valori e consuetudini antiche ma che allo stesso tempo ha imboccato ormai da quasi due decenni la strada dei prodotti di qualità e dei marchi di garanzia. “L’agroalimentare – commenta l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianpiero Bocci – sta crescendo molto e riesce a far crescere anche l’immagine complessiva dell’Umbria, come regione di grande qualità, dove si vive bene, si trova una tipicità dei prodotti, la naturalezza e ogni altra sicurezza per il consumatore”. Non sempre, però, enti pubblici e associazioni di categoria del comparto agricolo riescono ad aggregare intorno a progetti comuni la miriade di piccole e piccolissime aziende che caratterizzano gran parte del tessuto produttivo dell’agricoltura e dell’alimentare. Le imprese registrate alle Camere di Commercio umbre come attive nei settori di agricoltura, caccia, silvicoltura, pesca, servizi connessi, industrie alimentari e delle bevande sono oltre 42 mila. Senza considerare forme di micro-impresa e lavoro individuale che sfuggono alle registrazioni camerali. Secondo le anticipazioni sui risultati del quinto censimento dell’agricoltura, realizzato nel 2000 ed elaborato lo scorso anno, le aziende agricole umbre sarebbero 57.425, in lieve diminuzione rispetto alla rilevazione del 1990 (- 1,9 per cento). Per lo più occupano uno o due addetti, mentre sono poche quelle tra 3 e 9 lavoratori. Pochissime le aziende con più di 10 dipendenti. L’occupazione nell’agricoltura è comunque in crescita, se è vero che dal 2000 allo scorso anno, la forza lavoro del comparto è aumentata di quasi mille unità (da 14.600 a 15.500), anche se mantiene un’incidenza minima (appena il 4,9 per cento) sul totale degli oltre 320 mila lavoratori della regione. Il giro d’affari di agricoltura, silvicoltura e pesca – calcolato dall’Istituto nazionale economia agraria per il 2000 – ammonta a oltre 776 milioni di euro, senza considerare i dati dell’industria alimentare. “Non è semplice – spiega Bocci – aggregare i piccoli produttori, non è facile far capire loro che ‘piccolo è bello’, ma non riesce a vincere le grandi sfide del mercato. Credo che questo deve essere il nostro sforzo principale: far crescere culturalmente i piccoli imprenditori per far capire loro che il momento della commercializzazione non può essere fatto in maniera separata, distinta e distante, ma bisogna mettere insieme le forze e le tante piccole quantità”. L’assessore regionale sostiene anche la necessità di un ricambio generazionale perché l’età media tra gli imprenditori è molto alta. “Bisogna favorire questo ricambio – afferma – e mettere nuove energie in questo settore. Questo è il momento giusto, è maturata la sensibilità generale, oggi i giovani accettano di scommettere nell’agricoltura e bisogna spingere molto perché oggi ci sono le condizioni giuste. In pochi mesi abbiamo vagliato e finanziato quasi mille domande per l’inserimento dei giovani in agricoltura. E’ quasi una svolta epocale, anche perché oggi l’agricoltura è sempre più multifunzionale e ciò affascina i giovani e li porta a scommettere in questo settore”. Il punto di forza dell’agroalimentare umbro sembra essere l’unione fra la qualità della produzione e altre risorse del territorio, come ambiente cultura e arte. “A volte – afferma il presidente regionale di Coldiretti, Sergio Marini – incontriamo qualche difficoltà ad aggregare le piccole aziende umbre intorno ai marchi di qualità. Al massimo si è messo insieme il prodotto per vendere meglio, ma questo non basta. Più si rafforza il legame con il territorio più si rende visibile la qualità delle nostre produzioni”. Sulla stessa lunghezza d’onda c’è Walter Trivellizzi, che in Umbria è presidente della Confederazione italiana agricoltori. “Il mercato si conquista se la qualità è certificata e disciplinata da regolamenti come quelli delle Denominazioni di origine protetta e delle Indicazioni geografiche protette e quindi dobbiamo lavorare per incrementare questi riconoscimenti, oltre a valorizzare ulteriormente quelli che abbiamo. L’esperienza con la Dop dell’olio umbro ci dimostra che l’aggregazione è possibile, anche coinvolgendo le aziende piccole e piccolissime”.
Uniamo le nostre forze: la sfida dell’agricoltura umbra
E' il momento giusto per favorire il ricambio generazionale: porte aperte ai giovani
AUTORE:
Daniele Morini