Uomo insigne per l’amore alla verità e per la santità di vita

La diocesi si stringe intorno al Vescovo per celebrare il patrono san Florido

Tantissime persone, nella giornata di lunedì scorso, 13 novembre, hanno visitato la Cattedrale di Città di Castello che custodisce le tombe dei santi Florido, vescovo, ed Amanzio, sacerdote, patroni della diocesi. E tantissime persone hanno partecipato, nel pomeriggio, al solenne pontificale presieduto dall’arcivescovo metropolita di Perugia – Città della Pieve, mons. Giuseppe Chiaretti, a conclusione dell’anno floridano indetto lo scorso anno da mons. Pellegrino Tomaso Ronchi e nel ricordo dei 1400 anni dalla morte di san Florido. Oltre al Vescovo di Città di Castello hanno partecipato i vescovi successori di quelli che assistettero Florido al momento della sua morte. Dalla biografia del santo risulta infatti che egli “circondato dall’affetto e dalla preghiera di Abenzio, vescovo di Perugia, di Leonzio, vescovo di Urbino, e di Lorenzo, vescovo di Arezzo, misteriosamente informati della sua grave infermità, Florido rese l’anima al Signore il 13 novembre 599, compianto da tutti i suoi figli spirituali”. Per rievocare significativamente l’evento erano presenti, oltre a mons. Giuseppe Chiaretti e mons. Pellegrino Tomaso Ronchi, mons. Gualtiero Bassetti, vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro; per un impegno improvviso non ha potuto partecipare il vescovo di Urbino mons. Francesco Marinelli. Anche mons. Sergio Goretti, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, e mons. Pietro Fiordelli, emerito di Prato, tifernati autentici, hanno preso parte alla celebrazione eucaristica assieme a numerosi sacerdoti e diaconi della diocesi. Numerose le autorità civili e militari presenti; tra queste i sette sindaci dei comuni della diocesi, la presidente della Giunta regionale e il Prefetto di Perugia. Durante l’omelia mons. Giuseppe Chiaretti, prendendo spunto dalla liturgia della parola, ha voluto ricordare che Florido è come il capostipite della comunità diocesana ed i patroni rappresentano il legame vitale di ogni comunità con la fede trasmessa da Cristo stesso agli apostoli. “Egli, Buon Pastore, ne scelse dodici, i dodici ne scelsero altri, e così fino a San Florido, e fino ai nostri giorni in tutta la Chiesa”. Il presule ha invitato i fedeli ad amare la Chiesa, Madre e Santa, malgrado il peccato ed i peccati dei propri pastori, vescovi, sacerdoti o diaconi che siano. Con sant’Agostino che amava ripetere: siamo “cristiani con voi, vescovi per voi” mons. Chiaretti ha ricordato il servizio che tutti i pastori compiono nella Chiesa. A Città di Castello san Florido fu “padre della patria”, essendosi adoperato con Sant’Amanzio alla ricostruzione della città, distrutta dall’invasione dei Goti, e per il ricompattamento della società civile e della comunità cristiana. Con Gregorio Magno mons. Chiaretti ha ricordato che Florido “fu uomo insigne per l’amore alla verità e per la santità di vita”: uomo, quindi, che sapeva spezzare con eguale dedizione il pane della Parola e il pane della carità”. In un mondo, come il nostro, smarrito e che crede proprio a tutto, è necessario portare di nuovo il messaggio del Vangelo. “Per compiere questa urgente ‘nuova evangelizzazione’ – ha detto il presule – la comunità cristiana deve ringiovanire, recuperare entusiasmo e fervore, riscoprire le vie ardue del dovere rispetto a quelle scivolose del piacere, amare la libertà radicale dei figli di Dio rispetto alla tirannia delle mode e delle nuove ideologie, sempre più pervasive e devastanti”. Dio guida sempre la storia verso il suo compimento nel Regno. Per questo è necessaria la speranza perché “operando nella verità e nella concordia, possiamo ritrovare l’entusiasmo e il coraggio di un lavoro unitario”. Se la divisione è sempre veicolo di sconfitta, è invece si esempio San Florido che – ha concluso Mons. Chiaretti – incoraggiando e facendo strada insieme alla sua gente, reagì allo sfacelo della Chiesa e della Città tifernate. “Di quel suo coraggio civile e di quella sua fede cristiana siamo oggi eredi. Guardiamo al suo esempio e invochiamo il suo aiuto per esserne anche degni continuatori”.

AUTORE: Francesco Mariucci