Violenza tra i banchi di scuola. Colpa della Tv?

È sufficiente spegnere la Tv? 'No - risponde la Falcinelli - si genererebbe la curiosità. Bisogna essere presenti con i figli durante la visione del programma'

Bambini che durante la ricreazione lottano violentemente al wrestling, imitando un noto programma televisivo. Un fenomeno sotto gli occhi di tutti, del quale parliamo con Floriana Falcinelli, docente di Pedagogia presso la facoltà di Scienze della Formazione dell’ateneo perugino. Perchè i bambini sono portati ad imitare simili gesti di violenza? ‘Innanzitutto bisogna chiarire che la lotta può rientrare nella dimensione umana del gioco, quello ad esempio del padre con il figlio; tuttavia, mentre nel gioco reale il bambino è protagonista e per questo creativo, nel gioco imitativo l’elemento dell’invenzione viene meno, si tratta di una semplice riproduzione. Il processo di imitazione costituisce il primo livello verso l’identificazione con modelli della Tv considerati rilevanti, da emulare appunto. Il problema maggiore è proprio l’identificazione, in cui i bambini non si limitano a riprodurre i comportamenti ma introiettano, fanno proprio quel modello di vita. In questo caso però anche l’imitazione va osservata, perché riguarda un comportamento aggressivo, che può generare sempre maggiore violenza e, soprattutto, il pensiero che quella violenza sia normale. Bisogna inoltre tener presente la distinzione tra realtà e fantasia, cosa particolarmente difficile per un bambino: il wrestling che si vede in televisione è finto, mentre nella vita reale certi atti possono avere effetto’. Quale è quindi il ruolo degli adulti, di tutti quelli a contatto con il bambino? ‘È un ruolo molto importante: bisogna spiegare, promuovere la consapevolezza della suddetta distinzione e nello stesso tempo far parlare il bambino’. È sufficiente spegnere la Tv? ‘No. In questo modo si genererebbe paradossalmente la curiosità verso il programma ‘proibito’. Bisogna invece, possibilmente, essere presenti durante la visione del programma e soprattutto educare i bambini alla scelta consapevole. Il ruolo degli educatori è ugualmente importante, in quanto devono formare i genitori. Nella società odierna, in un sistema in cui i mezzi di comunicazione sono così integrati tra loro, non si può fare a meno dei media, allontanarsene; è necessario piuttosto conoscerli e saper operare delle scelte. D’altra parte non è solo la Tv a diffondere simili immagini di violenza; pensiamo ad esempio ai videogiochi: essi differiscono leggermente dalla televisione, in quanto implicano una maggiore interazione con il mezzo (bisogna premere dei tasti), ma possono generare lo stesso desiderio di imitazione’. Ci sono iniziative per la formazione degli insegnanti? ‘Il Med (Associazione italiana per l’educazione ai media e alla comunicazione) cerca proprio di far capire che, nel difficile compito di educazione del bambino ai mezzi di comunicazione, alleata della famiglia è la scuola. Anche gli insegnanti, infatti, devono fermare gli alunni se manifestano atti di violenza reciproca, e farli riflettere su questi comportamenti. Sarebbe opportuno organizzare una sezione umbra del Med, magari con il contributo della diocesi’. Lei è coordinatrice anche del progetto Mens: di cosa si tratta? ‘È un progetto a livello nazionale che si occupa di sviluppare l’educazione ai media nelle scuole d’infanzia e primaria, per permettere l’integrazione della cultura scolastica con quella dei mezzi di comunicazione di oggi. Ci proponiamo inoltre di creare un laboratorio in cui i bambini possano imparare qualcosa in più sulla televisione, al fine di diventare spettatori più responsabili’.

AUTORE: Margherita Idolatri