“Tu sei veramente il figlio di Dio”

Commento alla liturgia della Domenica a cura di mons. Vincenzo Paglia vescovo di Terni - Narni - Amelia XIX Domenica del tempo ordinario - anno A

Dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, Gesù disse ai suoi discepoli di salire sulla barca e di precederlo all’altra riva, mentre lui avrebbe continuato a parlare con la folla. Potremmo definirla icona della misericordia: Gesù solo con la folla che lo attornia. Ma segue subito un’ altra icona, o meglio l’altra faccia della stessa icona: Gesù sul monte, solo davanti al Padre. Direi che è impossibile separare queste due immagini: esse fanno parte della stessa icona, l’una rende ragione dell’altra.

Nell’immagine di Gesù solo davanti a Dio è come fissato quel singolarissimo e unico rapporto che lega Gesù al Padre. Dal rapporto con il Padre sgorga tutto quel che segue. I discepoli sono in mezzo alle acque, anche loro soli, senza Gesù e senza la folla: sono soli con loro stessi. Quanto sono diverse queste due solitudini; quella di Gesù sul monte alla presenza di Dio e quella dei discepoli sulle acque agitate. L’evangelista sembra quasi suggerire che è logico, quando si è soli con se stessi, che sorgano tempeste. I discepoli, del resto, avevano già sperimentato una situazione analoga in mezzo al lago mentre Gesù dormiva; figuriamoci ora che è assente.

Quando si è soli con se stessi non è possibile sottrarsi alla tempesta della vita. I discepoli passano così quella notte: nella paura e nella lotta contro le onde agitate e il vento contrario. Quasi all’alba Gesù, camminando sulle acque, si avvicina verso la barca che lotta tra gravi difficoltà. I discepoli, al vederlo, hanno paura: pensano sia un fantasma. Ed è Gesù a rassicurarli, una voce amica. Eppure la loro paura è più forte, e il dubbio persiste. Pietro a nome di tutti chiede una prova: “Signore, se sei tu comanda che io venga da te sulle acque”.

Essi sanno bene cosa significa questo segno. Non è, appunto, un semplice atto miracoloso, ma un segno che rinvia direttamente a Dio. Gesù guida Pietro che obbedisce ed inizia a camminare sulle onde. Ma il dubbio e la paura, ancora ben radicati nel suo cuore, prendono il sopravvento e Pietro sta per essere inghiottito dalle onde. A questo punto, davvero disperato, Pietro grida: “Signore, salvami!”: due sole parole, gridate forse in modo scomposto, ma piene di speranza. E “Gesù stese la mano lo afferrò e disse. “uomo di poca fede, perché hai dubitato?”.

È una scena che delinea bene lo statuto del discepolo. Nella storia della Chiesa questo episodio ha sempre costituito l’immagine tipica del dubbio, esso in effetti, non è per nulla insolito nella vita dei discepoli. Anzi, come il Vangelo stesso ci ricorda, ne scandisce spesso la vita. Come pure scandisce l’esperienza di ogni credente. Tutti possiamo sentirci vicino a Pietro, riconoscerci nei suoi dubbi, nelle sue incertezze e nelle sue paure. Ma c’è da comprendere bene su quale versante si deve parlare di certezze nella fede. La certezza non la si deve cercare dalla parte dell’uomo; noi infatti siamo deboli, fragili, dubbiosi e anche traditori.

La certezza va cercata da parte di Dio: egli non ci abbandonerà al nostro destino triste, non ci lascerà travolgere dal mare impetuoso del male, non permetterà che le onde violente della cattiveria ci inghiottano. Quel che conta – e in questo dobbiamo imitare Pietro – è gridare come lui: “Signore, salvami!”. In questa semplice preghiera è nascosto il mistero semplice e profondo della fede: Gesù l’unico che può salvarci.

AUTORE: Vincenzo Paglia