Crisi diffusa e grave

ECONOMIA. Ancora dura la situazione per le aziende umbre

Sarà ancora un Natale di crisi per gli umbri. Nel mese di novembre le ore di cassa integrazione sono più che raddoppiate rispetto al 2009, il lavoro diventa sempre più precario, si allunga la lista delle aziende in difficoltà e aumentano gli appartenenti a quella che era la cosiddetta “classe media”, la cui busta paga non basta più per arrivare alla fine del mese. Lo testimoniano il crollo dei consumi e l’aumento del fatturato degli hard-discount. In questi giorni la Confesercenti ha diffuso i risultati di una sua indagine su come gli umbri spenderanno i 615 milioni di euro della prossima tredicesima. Ebbene, quasi la metà servirà per pagare debiti, la rata del mutuo e per accantonare qualcosa in banca nel timore di un futuro che appare ancora incerto. Per i regali da mettere sotto l’albero si cercherà di spendere il meno possibile, privilegiando cose concrete come cibo e vino. A novembre le ore di cassa integrazione (ordinaria, straordinaria ed in deroga) in Umbria sono aumentate del 103,73 per cento rispetto allo stesso mese del 2009. “È il record tra tutte le regioni italiane – ha detto il segretario generale della Cgil Mario Bravi -, un primato assolutamente negativo che testimonia la debolezza strutturale di un sistema di imprese piccole e piccolissime”. Delle 85 mila aziende umbre, 72.500 – rileva la Cna – hanno meno di 10 addetti ed in tempi di globalizzazione “piccolo non è più bello”. Nell’edilizia, caratterizzata dalla presenza di microaziende, dai 16.000 addetti del 2007 si è passati ai 10 mila di quest’ anno. In media – ha detto il segretario regionale della Filca-Cisl Osvaldo Cecconi – ci sono due aziende al giorno che chiedono la cassa integrazione. Vanno così ad infoltire la schiera dei cassintegrati nella regione: più di 19 mila nel corso del 2010, con 9.522 di loro “a zero ore”. Sono gli scenari della globalizzazione a determinare direttamente o indirettamente anche nella piccola Umbria le sorti di tante aziende. Gli operai della Merloni (uno stabilimento a Gaifana di Nocera Umbra ed altri due nelle Marche, con 2.250 posti di lavoro in bilico) attendono – e sperano – di sapere presto se il loro futuro “padrone” sarà l’iraniana Mmd, con sede a Dubai, o una holding cinese. Quelli della Basell di Terni hanno chiesto al ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani di convincere la multinazionale statunitense-olandese a non chiudere lo stabilimento ternano. E sempre a Terni quest’anno per Natale le 2.000 tute blu dell’altra multinazionale Tk-Ast faranno ben 15 giorni di festa obbligatoria per il calo degli ordinativi. A rischio anche i 30 posti di lavoro della ex Saffa di Spoleto: la sua attività potrebbe essere trasferita in Cina. La lista delle aziende in crisi comprende anche la Piselli a Perugia ed Umbertide, la Meraklon a Terni, l’Euroservice di Castiglione del Lago. Un elenco sempre più lungo, con tanti nomi di aziende piccole e semi-sconosciute. Nei 14 Comuni dell’Alta Umbria ad esempio soltanto nell’ultimo anno, secondo i sindacati, si sono persi mille posti di lavoro. C’è per fortuna anche qualche spiraglio. Da una indagine della Camera di commercio risulta che per il 51,9 per cento delle aziende interpellate della provincia di Perugia nel 2010 la crisi ha raggiunto il punto massimo e nel 2011 dovrebbe andare un po’ meglio, mentre solo per il 17 per cento “il peggio deve ancora venire”. La presidente della Regione Catiuscia Marini promette per il 2011 finanziamenti per le politiche per lo sviluppo, per le imprese e per il lavoro attingendo ai fondi europei. Nonostante i tagli, resteranno inalterate le spese per il welfare, per il Piano per la non autosufficienza, per la rete dei servizi, gli asili nido, il diritto allo studio, gli anziani e la cultura che – afferma la Marini – “non è uno sperpero ma una ricchezza”.

AUTORE: Enzo Ferrini