Il discepolo nel mondo

Commento alla liturgia della Domenica a cura di mons. Vincenzo Paglia vescovo di Terni - Narni - Amelia XII Domenica del tempo ordinario - anno A

“Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima” (Mt 10,28). L’evangelista Matteo, mentre riportava queste parole di Gesù, aveva probabilmente davanti agli occhi l’esperienza della sua comunità sottoposta a forti contestazioni (magari fino al sangue) da parte della sinagoga giudaica. E probabilmente voleva mostrare la figura del discepolo in un momento difficile della vita della comunità.

Il “discepolo”, che per Matteo è sinonimo di “cristiano”, dopo la vita tranquilla e sicura dentro il grembo della comunità, deve entrare nel mondo anche se questo comporta rischi per la propria vita. Tuttavia non è lasciato a se stesso come se fosse abbandonato da Dio. Al contrario, chiunque spende la sua vita per il Vangelo riceve le consolazioni del Signore, soprattutto se deve affrontare difficoltà e prove. Non è mai stato semplice e lineare per la comunità cristiana predicare il Vangelo della croce e della risurrezione. Sant’Agostino scriveva che il discepolo “deve proseguire il suo pellegrinaggio tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio” (Città di Dio).

Si potrebbe tuttavia notare che la nostra situazione è ben diversa da quella in cui si trovava la comunità di Matteo. Non credo si possa dire che siamo perseguitati. Non lo si può dire neppure della Chiesa in Italia. Al contrario, è corteggiata e strattonata da una parte o dall’altra. Avere la Chiesa dalla propria parte, in taluni casi, è ritenuto di grande vantaggio, tanto che spesso ci si serve di essa, piuttosto che servirla. Cosa vuol dire perciò l’odierna esortazione evangelica a non aver paura e a non temere gli uomini, dal momento che non solo non c’è persecuzione ma adulazione? Forse è proprio qui il problema.

È vero che non si uccide il corpo della Chiesa o dei cristiani, ma è facile, molto facile, ucciderne l’anima, lo spirito, la essenziale radicalità evangelica. Questo avviene quando si consuma il compromesso tra Vangelo e mondo, tra la concezione di una vita intesa come servizio a Dio e agli uomini e l’altra concepita come ripiegamento su se stessi e sui propri interessi egoistici. Se rimproveriamo alla nostra società il degrado di quei valori che avrebbero dovuto sostenere la stessa vita civile, forse dobbiamo chiederci se anche noi cristiani non ci siamo fatti fiaccare da quello spirito individualista che ha permeato tutti.

La legge dell’amore solo per se stessi e a qualunque costo, è stata ed è la grande direttrice trasversale che abbraccia, in alto e in basso a Nord e a Sud, tutto il paese. Oggi più che mai dobbiamo temere non quelli che uccidono il nostro corpo, ma tutto ciò che fiacca e uccide l’anima, tutto ciò che rende il Vangelo meno incisivo in questo mondo.

Gli esempi sarebbero numerosissimi, sia a livello personale che istituzionale. Quando si reclama per questa nostra società un “supplemento d’anima”, non si vuol chiedere altro che una maggiore presenza del Vangelo. La Parola di questa domenica ci esorta a non aver paura di seguire il Signore e di testimoniarlo con la vita. Talora è facile pensare che il Vangelo ci chieda una vita in ribasso, fatta solo di rinunzie, senza un reale interesse per noi, e alla fine inefficace per la società. Tutt’altro. Il discepolo che segue la via del Vangelo non si perde, Dio lo sostiene: “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!”.

Questa attenzione amorevole del Signore diviene anche compagnia nella battaglia per il Vangelo. Le celebri “confessioni” di Geremia, disperse tra i capitoli 10 e 20 del suo libro, di cui oggi leggiamo un brano, stanno a testimoniare questa vicinanza: “Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori cadranno e non potranno prevalere; saranno molto confusi perché non riusciranno” (20,11). Ma la vittoria è possibile unicamente se moriamo all’amore per noi stessi per risorgere ad una nuova dimensione di vita, quella evangelica.

AUTORE: Vincenzo Paglia