Oggi i programmi non contano più, conta la faccia

POLITICA. VERSO LE AMMINISTRATIVE

Prima i programmi o prima le candidature? Il dilemma viene riproposto spesso in vista degli appuntamenti elettorali. Più l’attenzione dei partiti si concentra sui nomi di chi dovrà ‘correre’, più gli osservatori continuano a sostenere la supremazia dell’approccio programmatico. Succede, in vista delle amministrative del prossimo giugno, sia nel centrodestra sia nel centrosinistra dell’Umbria. In realtà, negli ultimi tempi la discussione su questo binomio (perché tale dovrebbe essere, come il fantino e il cavallo) ha assunto toni di volta in volta confusi, strumentali o ripetitivi, fino a risultare, nei fatti, assolutamente inutile. Perché hai voglia a girarci intorno: ormai la Politica, quella con la P maiuscola, ha virato prepotentemente verso la personalizzazione, svuotando sempre più di contenuti il ‘che fare’. Il vero programma di ogni candidato che si rispetti è la sua faccia, il suo saper veicolare un’immagine convincente, il suo saper ottenere il massimo dall’esposizione mediatica. A livello politico nazionale, tutto questo fa a pugni con un sistema di selezione del personale politico basato non sul consenso dell’elettorato ma sulla ‘chiamata’ delle segreterie di partito. Così il cittadino-elettore si ritrova a vivere un rapporto contraddittorio con la classe politica che lo governa o che lo rappresenta all’opposizione: ne conosce i nomi e le facce (spesso già note in altri settori, come quello dello spettacolo, della giustizia, dell’economia, dell’informazione), ne segue le vicende politiche esprimendo un consenso o un dissenso puntualmente monitorato dai sondaggi, ma quei nomi e quei politici non li elegge, non li vota. Per le regionali e per le amministrative di Province e Comuni, il sistema elettorale obbliga ad una più stretta colleganza dell’approccio politico al territorio ed alle sue esigenze. È sintomatico, in queste settimane che precedono il voto in Sardegna, vedere il premier e leader del centrodestra, Silvio Berlusconi, fare comizi ‘in sovrapposizione’ al candidato presidente di quella Regione: che poi, se vince il Pdl, sarà governata da Ugo Cappellacci. Se dunque, per conquistare Province e Comuni, i partiti e gli schieramenti devono selezionare candidati ‘che sappiano vincere’, a maggior ragione li devono saper dotare di un ‘cavallo’ (il programma, secondo la metafora del binomio) che sappia coinvolgere e motivare l’elettorato ad orientare su quegli obiettivi il proprio consenso.In Umbria, di nomi di candidati finora ne sono usciti pochi. E quelli che sono usciti, hanno raccolto approvazioni ma anche critiche e malumori nei due schieramenti. Nessun partito, in pubblico, ha però detto chiaramente che l’impegno principale è quello di scegliere bene i candidati: tutti, viceversa, continuano a proclamare la priorità dei programmi. Quali programmi? Mancano quasi cinque mesi e, o non se ne vede l’ombra, o si ripropongono paginette scontate, con obiettivi che, vista l’evoluzione prepotente e preoccupante della situazione economica, risultano datati ed irrealistici. Tanto datati e irrealistici da far pensare che non ci credano neanche coloro che li presentano.

AUTORE: Daris Giancarlini