Abbiamo bevuto alla sorgente d’acqua viva

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Oscar Battaglia III Domenica di Quaresima - anno A

Nel cammino dei catecumeni verso il battesimo, la Chiesa antica inseriva in questa domenica l’argomento dell’acqua, citando l’episodio dell’incontro di Gesù con la samaritana al pozzo di Giacobbe a Sichem. Il racconto consente ai fedeli di ieri e di oggi di ripensare il proprio battesimo, di riscoprirne l’origine e il significato. Ci fa da guida l’anonima donna di Samaria, che ebbe la fortuna di incontrare Gesù sull’orlo del pozzo, dove era venuta ad attingere acqua. Un incontro per lei inaspettato, ma programmato da Cristo, che, in cammino verso Gerusalemme, “doveva attraversare la Samaria” (4,4) proprio in cerca di lei e dei suoi compaesani.

L’episodio è chiaramente diviso in due parti da due argomenti legati fra loro: il battesimo nasce dal dono dello Spirito santo che ha in Cristo glorificato la sua sorgente; esso abilita il credente ad un nuovo culto, cioè ad un nuovo rapporto di adorazione e amore con Dio Padre, un culto in Spirito e Verità. Sediamoci anche noi insieme alla samaritana sul muretto del pozzo e ascoltiamo. Si parla di noi. È circa mezzogiorno di una calda giornata, Gesù arriva sudato e stanco e siede spossato sull’orlo della “sorgente”. Non è senza significato che sia Giovanni che Gesù parlino di “sorgente” (peghé) mentre la donna parla di “pozzo” (phrèar). I primi si riferiscono al nuovo, la donna rimane ancorata all’antico. Non ci si può sottrarre inoltre al confronto con l’ora.

È “mezzogiorno”, la stessa ora della crocifissione, l’ora in cui Gesù, sudato e spossato, viene inchiodato sulla croce (Mc 15,33 par.); anche allora egli ebbe tanta sete e chiese da bere, ma finì per donare l’acqua viva (acqua e sangue) sgorgata dalla sorgente del suo cuore (Gv 19, 28.34). Ecco che arriva una donna di Samaria a quell’ora insolita (le donne attingevano acqua al mattino e alla sera), forse non vuole incontrare le altre donne che la conoscono bene e la criticano per i suoi liberi costumi. Gesù non ha pregiudizi e le chiede gentilmente un sorso d’acqua. Scatta la meraviglia un po’ sarcastica della donna: come osa un ebreo chiedere da bere ad una samaritana, visto che i loro rispettivi popoli si disprezzano? Gesù non accetta polemiche di tipo campanilistico e lancia una proposta strana e misteriosa alla donna sprezzante: “Se tu conoscessi il dono che Dio ti fa in questo momento nel chiederti un po’ d’acqua, le parti si invertirebbero, e saresti tu a chiedere ed egli ti darebbe acqua viva” (v. 10).

“Il dono di Dio” è Gesù che ora chiede, ma poi finirà per dare: “Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (3,16). Egli è la sorgente di “acqua viva” che è lo Spirito Santo effuso nel battesimo. Lo spiegherà lui stesso poco dopo, nell’ultimo giorno della festa delle Capanne, a Gerusalemme, quando griderà forte nel Tempio: “Chi ha sete venga e me e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo grembo. Questo egli disse dello Spirito santo che avrebbero ricevuto i credenti in lui” (Gv 7,37). La donna non capisce, ma risponde ancora con fare sprezzante: “Tu non hai un secchio per attingere e il pozzo è profondo 32 metri”. Quell’uomo assetato pretende di essere più grande e capace del patriarca Giacobbe che scavò il pozzo e lo diede ai suoi figli? Gesù non raccoglie la provocazione. Corregge il fraintendimento della donna, che continua a pensare all’acqua sorgiva del pozzo, mentre egli le propone l’acqua del battesimo, un’acqua che purifica, disseta, dona la vita, ristora: “Chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà più sete. Anzi l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla verso la vita eterna” (v. 14).

Dice alla donna: non ci siamo capiti; io non ti dono l’acqua di questo pozzo, io ti propongo di ingoiare addirittura una sorgente. Se tu credi in me, non avrai solo l’acqua che è lo Spirito, ma avrai me, che sono la sorgente stessa dello Spirito. Noi verremo in te e prenderemo dimora dentro di te. È questo il significato del battesimo cristiano. La donna sta cedendo, anche se non capisce bene tutto questo, ma ora è lei che chiede da bere: “Signore, dammi quest’acqua perché io non abbia più sete”. Pur nel fraintendimento che continua, affiora in questa domanda l’esigenza di pulizia interiore e il bisogno di comunione con Dio. Gesù lo capisce e la costringe a venire allo scoperto. Consapevolmente, la invita ad andare chiamare suo marito. La donna mostra tutto il suo imbarazzo perché ha avuto cinque uomini e quello con cui convive non è suo marito. Gesù lo sa e glie lo dice. La donna, per sfuggire all’imbarazzo, sposta il discorso su una controversia che opponeva giudei e samaritani. I primi ritenevano che solo nel tempio di Gerusalemme era lecito adorare Dio, i secondi pensavano che il vero luogo di culto fosse il loro, sul monte Garizim. Bastava alzare gli occhi dal pozzo per scorgerlo, era proprio lì, sopra di loro.

Chi ha ragione? La domanda è solo all’apparenza evasiva, infatti Gesù vi si aggancia subito per illustrare le conseguenze del battesimo, che crea nuovi rapporti con Dio. Risponde affettuosamente: “Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né a Gerusalemme adorerete il Padre. Viene l’ora, che è appena iniziata, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”. Se spirito e verità sono scritti con la lettera minuscola, Gesù vuole dire che il vero culto nasce ora dall’intimo del credente ed esige sincerità ed coerenza di vita, fuori di ogni formalismo e ipocrisia.

È nel cuore che Dio abita e qui bisogna imparare ad incontrarlo e servirlo con una vita santa. Questo non significa che viene abolita ogni forma di culto esteriore, ma che questa diventa vuota se non nasce dalla sincerità e dalla purezza interiore. Se Spirito e Verità sono scritti con la lettera maiuscola, Gesù vuole dire che il culto e la preghiera cristiani si svolgono sotto la guida dello Spirito che abita nei credenti (Rom 8,15.26). È lui che crea il clima di confidenza filiale nei confronti di Dio Padre (Abbà) . Il culto però è anche nutrito dalla Parola e dall’esempio di Gesù, che è “via, verità e vita”; egli è il nostro mediatore, e solo attraverso lui si arriva al Padre (Gv 14,6). Il pozzo di Sichem diventa così la cattedra dei battezzati di tutti tempi.

AUTORE: Oscar Battaglia