Ai preti di domani

Lettera del Papa ai seminaristi al termine dell’Anno sacerdotale

“Oggi molti pensano che il sacerdozio cattolico non sia una ‘professione’ per il futuro, ma che appartenga piuttosto al passato. Voi, cari amici, vi siete decisi ad entrare in seminario, e vi siete quindi messi in cammino verso il ministero sacerdotale nella Chiesa cattolica, contro tali obiezioni e opinioni. Avete fatto bene a farlo. Perché gli uomini avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epoca del dominio tecnico del mondo e della globalizzazione”. Lo scrive Benedetto XVI in una lettera rivolta ai seminaristi resa nota lunedì 18 ottobre, a conclusione dell’Anno sacerdotale. “Il seminario – prosegue il Papa – è una comunità in cammino verso il servizio sacerdotale. Con ciò, ho già detto qualcosa di molto importante: sacerdoti non si diventa da soli. Occorre la ‘comunità dei discepoli’, l’insieme di coloro che vogliono servire la comune Chiesa”. E il Pontefice continua: “La cosa più importante nel cammino verso il sacerdozio e durante tutta la vita sacerdotale è il rapporto personale con Dio in Gesù Cristo. Il sacerdote non è l’amministratore di una qualsiasi associazione, di cui cerca di mantenere e aumentare il numero dei membri. È il messaggero di Dio tra gli uomini”. Circa la spiritualità del presbitero, il Papa rivolge ai seminaristi l’invito a imparare “a vivere in contatto costante con Dio. Quando il Signore dice: ‘Pregate in ogni momento’, naturalmente non ci chiede di dire continuamente parole di preghiera, ma di non perdere mai il contatto interiore con Dio. Esercitarsi in questo contatto è il senso della nostra preghiera. Perciò è importante che il giorno incominci e si concluda con la preghiera”. Allo stesso modo Benedetto XVI sviluppa una meditazione sul ruolo dei sacramenti per la vita di fede: “Il centro del nostro rapporto con Dio e della configurazione della nostra vita è l’eucaristia. Celebrarla con partecipazione interiore e incontrare così Cristo in persona dev’essere il centro di tutte le nostre giornate”, e i futuri preti debbono imparare “a conoscere, capire e amare la liturgia della Chiesa nella sua forma concreta”. Evidenzia quindi l’importanza dello studio, affermando che “la fede cristiana ha una dimensione razionale e intellettuale che le è essenziale. Senza di essa la fede non sarebbe se stessa”, e quindi rivolge l’invito: “Studiate con impegno!… Non ve ne pentirete”, elencando alcuni dei rami del sapere teologico che un prete è particolarmente chiamato ad approfondire: la sacra Scrittura, la Patristica, la dogmatica, la teologia morale, la dottrina sociale cattolica, la teologia ecumenica, il diritto canonico. Nella parte conclusiva della lettera il Papa evidenzia che “oggi gli inizi della vocazione sacerdotale sono più vari e diversi che in anni passati. La decisione per il sacerdozio si forma oggi spesso nelle esperienze di una professione secolare già appresa. Cresce spesso nelle comunità, specialmente nei movimenti, che favoriscono un incontro comunitario con Cristo e la sua Chiesa, un’esperienza spirituale e la gioia nel servizio della fede”. “I movimenti – scrive – sono una cosa magnifica. Voi sapete quanto li apprezzo e amo come dono dello Spirito santo alla Chiesa. Devono essere valutati, però, secondo il modo in cui tutti sono aperti alla comune realtà cattolica, alla vita dell’unica e comune Chiesa di Cristo che in tutta la sua varietà è comunque solo una”. Proprio per questo “il seminario è importante come comunità in cammino al di sopra delle varie forme di spiritualità”.