Al lavoro non come alla guerra

1'maggio: manifestazione silenziosa per denunciare la strage delle 'morti bianche'

Un ‘silenzio di condanna’ più eloquente di centinaia di parole. Così a Terni è stato ricordato il 1’maggio, festa dei lavoratori, con il corteo silente ma presente che ha riempito piazza della Repubblica. Una scelta insolita da parte dei sindacati unitari di Cgil, Cisl e Uil di Terni per celebrare la ricorrenza più importante per i lavoratori della provincia. Niente comizi, niente musica, niente festeggiamenti. Solo uno scarno comunicato, registrato su supporto magnetico, per spiegare il senso dell’iniziativa. E poi immagini e numeri nelle strutture che hanno ospitato materiale sugli infortuni sul lavoro. Al centro una piramide in policarbonato con l’indicazione dei numeri degli infortuni dell’ultimo triennio, soprattutto di quelli mortali. Numeri che, al di là della grandezza in termini assoluti, hanno per la provincia ternana un andamento molto preoccupante. Un 1’maggio silenzioso, a testimoniare il grande sconforto che il sindacato e i lavoratori provano di fronte ad un fenomeno che, nonostante tutti gli sforzi messi in campo, continua a imperversare. ‘È un 1’maggio particolare e particolarmente duro – ha ricordato il sindaco di Terni Paolo Raffaelli -, e hanno fatto bene i sindacati unitari a decidere di celebrarlo in silenzio. La strage di Campello sul Clitunno, la morte di Franco Mariani alla stazione, gli altri infortuni mortali che hanno funestato l’Umbria impongono una rinnovata presa di coscienza. La strage sul lavoro non è di oggi, sono anni che si va avanti in una situazione di apparente normalità con quattro morti al giorno, come se il lavoro fosse una guerra con le sue vittime necessarie. Ora sembra finalmente che una scossa di consapevolezza diffusa ci sia stata, e che questa ecatombe non venga più considerata come una tragica fatalità’. ‘La crisi della cultura del lavoro, soppiantata da quella dei guadagni senza regole ‘ ha sottolineato a sua volta il vescovo mons. Vincenzo Paglia – richiede un cambiamento di rotta verso un lavoro sano, sicuro e dignitoso, rispettoso dei diritti del lavoratore. C’è bisogno di affermare i criteri della socialità del lavoro ben oltre la mera base economica, della libertà responsabile, della dignità e della sicurezza. Occorre far crescere la coscienza della sicurezza – ha detto ancora il Vescovo – nei datori di lavoro e negli stessi lavoratori, perché il primo valore è la persona umana e non deve essere l’uomo al servizio del lavoro e del guadagno, ma il lavoro e il guadagno al servizio dell’uomo’.

AUTORE: Elisabetta Lomoro