Al servizio della carità e soprattutto della verità

Celebrata la festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti

Anche i giornalisti hanno il loro santo a cui rivolgersi nel quotidiano servizio alla verità: è Francesco di Sales. Celebrando con i giornalisti di Città di Castello la festa del loro patrono, martedì scorso, il Vescovo ha richiamato gli operatori delle comunicazioni sociali a riflettere sulla responsabilità che il ‘comunicatore sociale’ deve avere nel ‘disimpegnare il suo servizio o ministero di carità, soprattutto di verità, nel rispetto irrinunciabile della dignità di ogni persona’. I giornalisti vivono sulla propria pelle la complessità del loro lavoro, stretto tra diritto di cronaca e rispetto della verità dell’informazione, con il rischio sempre vivo di trovarsi davanti ad un sistema troppo grande e potente nel quale ognuno può soccombere alla tentazione di ricercare solo il successo personale o la carriera. Ne è una prova la lunga serie di smentite, rettifiche, querele, fatti tutti che dimostrano l’estrema delicatezza della questione. Mons. Ronchi ha additato Francesco di Sales come modello per i professionisti dell’informazione. Nella vita del santo ci sono dei tratti di particolare interesse: tra questi la capacità di armonizzare la limpidezza ed il vigore dell’annuncio della verità con la bontà e soavità del suo animo. Ancora, il desiderio di arrivare a tutti e la sua capacità effettiva di raggiungere il più largo numero di persone, come pure l’impegno a diffondere il messaggio evangelico e umano anche nelle situazioni più complesse e difficili. Il santo ‘era estremamente abile nell’esprimersi in modo chiaro, così da essere compreso da tutti’. Ma era anche fermo e determinato nel servire la verità con passione e con coraggio. I giornalisti devono essere servitori della verità e della buona informazione. Sarebbe cioè un guaio se maturasse la persuasione che a tacere non si sbaglia mai, o che il silenzio è d’oro e la parola d’argento; si dimenticherebbe la virtù cristiana della parresìa, che è l’opposto dell’accidia, uno dei sette vizi capitali, e dell’indifferenza. Il Vescovo ha parlato chiaro: ‘Dobbiamo lavorare servendo la verità. Per chi è credente: consideri di essere davanti a Dio e di venire interrogato sul modo in cui onoria i doveri della nostra professione. Davanti a Dio una bugia è una bugia; un servilismo è un servilismo; un silenzio colpevole è un silenzio colpevole; un avvenimento piegato alle nostre prevenzioni è una colpa come le altre’. Ancora un’altra puntualizzazione: ‘Saremo giudicati sulla verità, poco o tanta che sia, sulla carità che avremo avuto verso tutti: in special modo verso coloro che non sono riusciti a difendersi’. Anche chi crede di non credere deve tener presente l’appello alla propria coscienza ‘che non consente scappatoie per giustificarsi, ma è un tribunale esigentissimo che ci metterà anch’essa davanti a Dio’.

AUTORE: Francesco Mariucci