Al teatro degli Illuminati un convegno di studio con la partecipazione di intellettuali di varie discipline su come affrontare la crisi culturale dell’uomo d’oggi

Tra scienza e umanità

Si è svolto a Città di Castello, presso il Teatro degli Illuminati, il XVIII Convegno Nazionale di Studi promosso dal mensile altotiberino “l’Altrapagina”. “Per una scienza dell’umano”: era questo il tema della due-giorni di studio, tema su cui erano chiamati a leggere e discutere le loro relazioni alcuni tra i più autorevoli filosofi e psicoanalisti di oggi. Presenti al convegno il francese Maurice Bellet, già docente all’Istitut Catholique di Parigi, e gli italiani Sergio Moravia, professore all’Università di Firenze, Carlo Brutti, direttore dell’Istituto Aberastury, Roberto Mancini, docente all’Università di Macerata. Moderatore dell’incontro don Achille Rossi, uno dei collaboratori del suddetto periodico. Il primo a illustrare le sue tesi è stato il filosofo con formazione psicoanalitica Maurice Bellet, il quale ha posto l’accento sulla crisi culturale che investe il mondo d’oggi. Egli propone di studiare l’umano attraverso “l’analogia della scienza”: col rigore scientifico si può “oltrepassare l’opinione” e “abbandonare lo spirito dottrinario”. Solo così è possibile giungere ad alcuni assiomi fondamentali, come l’umanità, la parola e l’ascolto, in modo da scongiurare una distruzione totale dell’uomo e della sua identità. Poi è stata la volta del filosofo Sergio Moravia che, sulla scia dei suoi studi epistemologici, ha focalizzato la sua attenzione sul pluralismo culturale, sostenuto teoreticamente da una concezione della scienza asintotica, da lui definita anti-popperiana, una scienza che non raggiunge mai il traguardo e che sempre necessita di vari ripensamenti. Pertanto si può definire “umano” come un “valore dialogante aperto alla verifica”. Più che al vero, l’uomo si trova, aristotelicamente, dinanzi al verosimile, a ciò che si avvicina al vero senza però mai toccarlo. Nella sua esposizione lo psicoanalista Carlo Brutti ha richiamato l’attenzione degli auditori sulla “dignità dell’uomo”, tema già ampiamente trattato nei vangeli, che raggiunse il suo apice esegetico nel Rinascimento, con Pico della Mirandola. All’unisono con Moravia, Brutti denuncia il riduzionismo scientifico del mentale, la pretesa cioè di parlare della mente usando il modello delle cosiddette “scienze dure”. Può correrci perciò in aiuto la psicoanalisi con alcune sue considerazioni: la realtà è in sé inconscia; psichico non significa assolutamente “coscienza”; e infine il significato che noi attribuiamo alle cose non è creato dalla coscienza. La prolusione finale è toccata al filosofo ed ermeneuta Roberto Mancini, cui è stato assegnato il non facile compito di riassumere le varie posizioni e tirare le fila di questo convegno. Prendendo lo spunto dalle parole di Brutti, Mancini ha approfondito il concetto di “umanità”, in quanto tra scienza e umano, il valore dominante è senza dubbio quest’ultimo. Al di là dell’empirico e del materiale, l’uomo è un “essere in trascendenza”, le cui caratteristiche peculiari, incentivate dal dialogo interculturale, sono l’originalità, la libertà, la “futurità”, la vulnerabilità e la responsabilità.

AUTORE: Saverio Freddi