Conflitto Israele – Palestina. La prima cosa da restituire sono i volti

È molto difficile in queste ore ascoltare qualche considerazione sul conflitto israelo-palestinese, fosse pure un’analisi geopolitica, che non sia la replica più o meno aggiornata di ciò che è stato già ripetuto altre volte. Le modalità con cui si sta realizzando quella carneficina è piuttosto la conferma che non sarebbe possibile metterla in atto senza aver prima disumanizzato il nemico, ovvero il proprio sguardo sull’altro.

Da una parte e dall’altra si cercano pretesti irragionevoli e giustificazioni improbabili sulla decisione di coinvolgere i civili, gli innocenti, i bambini in questo conflitto, e per commettere crimini efferati. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha detto: “Non è vera la retorica secondo cui i civili non sono consapevoli e coinvolti. Avrebbero potuto ribellarsi, avrebbero potuto combattere contro quel regime malvagio che ha preso il controllo di Gaza”.

Pertanto i civili, secondo Herzog, non sono più considerati “danni collaterali” ma sono piuttosto corresponsabili delle efferatezze commesse da Hamas. Nello stesso tempo i terroristi di Hamas considerano i civili israeliani colpevoli di essere cittadini di uno Stato che quotidianamente e continuativamente vessa la popolazione civile palestinese. D’altra parte, non c’è niente di più esplicito di quanto ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano: “Combattiamo contro degli animali umani e agiamo di conseguenza”.

Tragica ironia della Storia, si tratta delle stesse teorie prodotte da Hitler e dall’ideologia nazista a proposito degli ebrei. Sono le medesime tragiche conseguenze vissute nei campi di sterminio, in cui ogni persona era ridotta a un numero di matricola tatuato sull’avambraccio sinistro. Disumanizzare il nemico è assolutamente necessario per poter usare ogni sorta di violenza contro di lui senza convivere con alcun senso di colpa. È così che si arriva a fare scempio perfino del corpo dei bambini o a togliere l’energia elettrica anche agli ospedali, che non possono più alimentare le incubatrici e assistono impotenti alla morte dei neonati.

Nell’unica volta che mi è stato consentito di visitare Gaza, ho incontrato un medico psichiatra palestinese che curava i traumi causati dagli attacchi quotidiani e dai bombardamenti. Tra le altre cose, diceva che aveva studiato in un’università israeliana, e di conservare bellissime amicizie israeliane, al punto da saper distinguere tra questi e i governanti o gli appartenenti alle forze armate. Dopo che i palestinesi sono stati rinchiusi nella Striscia, gli unici israeliani che hanno conosciuto sono quelli che hanno imparato a definire come nemici. È questo che genera l’odio, il conflitto violento e la disumanizzazione.

È per questo che lo sforzo della comunità internazionale deve essere orientato a una pacificazione che restituisca un volto all’altro. È la via maestra per sottrare consenso al terrorismo d’ogni tipo, e restituire una dignità alle vittime. È la strada indicata dal Vangelo e praticata da Gesù di Nazareth. È ciò per cui tutti oggi dovremmo impegnarci.

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