Cuneo fiscale. Bene, ma chi lo paga?

Il Governo ha scelto la giornata del Primo Maggio per tenere la riunione nella quale, come previsto dall’ordine del giorno, sono state approvate nuove norme in materia di lavoro; secondo le intenzioni dichiarate, queste disposizioni dovrebbero incentivare nuove assunzioni e favorire l’occupazione. La scelta della data voleva sottolineare che il Governo è dalla parte dei lavoratori; i suoi oppositori l’hanno vista come uno sberleffo ai sindacati. Di conseguenza si è discusso quasi solo di questo aspetto puramente esteriore (la data e il suo messaggio implicito) anziché dei contenuti e degli effetti delle nuove disposizioni. È questo un vizio permanente nel dibattito pubblico italiano; così come si parla più dell’abbigliamento della segretaria del Pd che delle sue proposte politiche (per vero, non ancora chiarite). Ma in questo modo i commentatori fanno meno fatica e la gente si diverte di più.

Veniamo dunque alla sostanza. Uno dei punti reclamizzati dal Governo è il taglio del cosiddetto cuneo fiscale: ma che vuol dire? Per cuneo fiscale s’intende quella quota dello stipendio mensile che esce dalle tasche del datore di lavoro ma non va in quelle del dipendente, va invece allo Stato a titolo di tasse e contributi. È un divario molto pesante, ed è la principale ragione per cui i datori di lavoro evitano di mettere in regola un dipendente, ad esempio facendolo figurare

come un lavoratore autonomo con partita Iva (caso molto frequente nell’edilizia) così il datore paga di meno e il lavoratore incassa di più (ci perderà al momento della buonuscita e della pensione, ma intanto prende più soldi spendibili subito). Il taglio del cuneo fiscale era già un obiettivo del primo governo Prodi (1996) ma realizzarlo è un problema, anche perché i contributi servono all’Inps per pagare le pensioni e bastano appena. Infatti il taglio deciso con il decreto del primo maggio è assai modesto e soprattutto durerà solo pochi mesi. Teoricamente si potrebbero tagliare i contributi e recuperarne l’importo attraverso le tasse a carico dei più abbienti; ma per la destra le tasse sono un tabù. Si torna sempre allo stesso punto: tutti si aspettano tutto dalla spesa pubblica, il debito pubblico è una voragine, ogni riforma promessa dalla destra come dalla sinistra comporterebbe maggiori costi, ma nessuno accetta di pagare di più. Inutile cambiare i governi se lo scenario rimane questo.

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