Davanti al sepolcro vuoto

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Oscar Battaglia Domenica di Pasqua - anno C

C’è concitazione attorno al sepolcro la mattina di Pasqua. È il primo giorno di una nuova settimana secondo il computo ebraico, il giorno dopo il sabato. Maria Maddalena è arrivata molto presto, quando ancora è buio e si intravedono appena le prime luci dell’alba dietro la sagoma nera del monte degli Ulivi. Non aveva più resistito a stare tappata in casa con le altre donne dopo due notti insonni. Il riposo del sabato aveva costretto tutti all’inazione, era il riposo di Dio e degli uomini, il riposo di Gesù nella tomba, dopo la faticosa settimana di passione nella quale aveva rifatto il mondo. La Maddalena non ne poteva più di quella snervante attesa. Il suo cuore era rimasto lì, davanti a quella fredda pietra rotolata in fretta e furia sulla bocca del sepolcro che conteneva il cadavere di Gesù. Giovanni sottolinea che, quando la donna giunse al sepolcro, era ancora buio, dentro e fuori di lei. Vuole dire che non c’era un barlume di speranza dentro il suo cuore, era disperata e senza conforto.

Marco narra che era già sorto il sole (Mc 16,2), Matteo più genericamente dice che era l’alba (Mt 28,1) quando le donne vennero al sepolcro. Vogliono dire che il sole di Pasqua, la luce di Cristo risorto, già splendeva sul mondo. Ogni evangelista vede ormai le cose dal punto di vista spirituale più che cronologico. Sente di vivere in una dimensione nuova del tempo, dove i fenomeni atmosferici e spaziali sono ormai relativizzati. Sta nascendo un mondo nuovo, le cose non sono più quelle di prima. Maddalena è stata sempre la prima negli eventi della passione. È in prima fila sul Calvario quando Gesù sta morendo, è in prima fila davanti al sepolcro quando vi viene deposto il cadavere del suo Signore. È la prima a correre alla tomba la mattina di quell’inizio di settimana.

L’antica traduzione siriana, citata anche da sant’Efrem, sostituisce la figura della Maddalena con quella di Maria, madre di Gesù. Lo scambio simbolico è molto bello e significativo: è sempre la madre ad andare per prima al sepolcro del figlio, è quella che meno si rassegna. Il cadavere del figlio l’attrae, ormai è l’unica cosa che le resti al mondo. L’evangelista narra che la Maddalena, arrivando, trova il sepolcro aperto, perché la pietra è stata rovesciata. Matteo ci avverte che era stato un angelo a rotolare la grossa pietra, spaventando le guardie che montavano la guardia. La donna è così preoccupata e impaurita che corre subito a darne notizia a Pietro e Giovanni, gli unici discepoli che non erano fuggiti nel Getzemani, ma avevano seguito Gesù nel suo processo.

Il suo annuncio, con i verbi al plurale, tradisce la presenza anche delle altre donne, come avevano riferito i sinottici: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. L’attenzione di Giovanni è puntata tutta su di lei, perché rappresenta bene le altre donne, come lei disperate e spaventate. Ha corso Maddalena, ora corrono in senso contrario i due discepoli avvertiti. Giovanni, il più giovane dei due, arriva per primo ma attende educatamente Pietro all’ingresso della tomba. Insieme constatano che la tomba è stata aperta ed è vuota. Era una tomba scavata nella roccia, con due caverne interne in successione. La prima era servita per preparare il cadavere, la seconda per deporlo. In questa vi era un piano di pietra incavato, con sopra un arco; una tomba ad arcosolio come ne esistevano tante nei dintorni.

La violazione delle tombe era punita severamente da un editto imperiale, secondo alcuni storici risalente ad Augusto, secondo altri a Tiberio o a Claudio. C’erano anche allora i tombaroli, che depredavano i sepolcri degli oggetti più preziosi o sottraevano il cadavere per ricattare le famiglie. Comunque quei due primi visitatori del sepolcro rimasero sconcertati da ciò che poterono constatare. I panni funebri, usati per avvolgere il corpo di Gesù, erano rimasti al loro posto: nessuno aveva slacciato le due strisce di tela che tenevano legati mani e piedi del morto. Era come se il cadavere fosse filtrato o si fosse sfilato dai teli senza manometterli. Il sudario poi, che era a contatto diretto col viso di Gesù, non era rimasto dentro le bende, ma era ripiegato accuratamente in un angolo a parte.

Nessun ladro di cadaveri avrebbe potuto compiere un’operazione del genere, fermandosi a rimettere tutto a posto; ci sarebbe voluto troppo tempo, e chi ruba generalmente ha sempre molta fretta. Come spiegare tutto questo? Era appena un indizio della risurrezione. Il corpo risorto di Cristo, quel mattino meraviglioso, era entrato nella dimensione della gloria divina. Forse ciò avvenne come in un lampo di luce, che impresse la sua immagine nella Sindone e nel sudario come su una lastra fotografica. Il corpo ormai reso spirituale aveva acquisito la piena libertà di movimento senza ostacolo alcuno. Quella sera stessa entrerà a porte chiuse nel Cenacolo tra i discepoli e d’ora in poi apparirà e scomparirà liberamente, assumendo perfino aspetti diversi, come farà con i discepoli di Emmaus. Tutto questo però Pietro e Giovanni non lo sapevano ancora. Tuttavia i segni che videro li resero pensosi.

Che cosa era accaduto? Che cosa stava accadendo di così grande? Non avevano ancora compreso le Scritture né le parole di Gesù che avevano annunciato la sua risurrezione. Sarà il Cristo risorto ad aprire la loro mente a comprendere le Scritture e a spiegare il senso dei suoi annunci (Lc 24,44-46). Tuttavia Giovanni annota che, dentro quel sepolcro vuoto, era sbocciato il primo germe della fede. Il sepolcro vuoto è muto senza le apparizioni del Risorto; ma poiché Cristo è risorto, quel luogo diventa la testimonianza storica più concreta della fede in lui. Milioni di persone vi si recano a visitarlo e vi si fermano per un forte rifornimento spirituale. Gesù ci ha lasciato in esso il monumento della nostra fede e della nostra speranza. A Pasqua la Chiesa ci invita a fermarci davanti e dentro di esso per interrogarci sulla nostra debole fede nella risurrezione di Cristo e nostra, e per riscoprirvi la fonte genuina della nostra salvezza. Nasce tutto qui per noi, quella grotta è il nostro grembo materno, tutti là siamo nati.

AUTORE: Oscar Battaglia