Dibattito aperto

Al Festival della filosofia della scienza, temi importanti ma con grosse lacune

Si conclude domenica prossima a Città di Castello il ‘Festival della filosofia della scienza’, organizzato dal Comune tifernate in collaborazione con l’università telematica e-Campus (Cepu) e patrocinato dal ministero dell’Istruzione e dell’Università e dalla Regione Umbria. La kermesse per una quindicina di giorni si proponeva di focalizzare l’attenzione di tante persone sull’importanza di questa moderna disciplina, che ha per oggetto l’analisi della metodologia, del valore conoscitivo, dello sviluppo e del mutamento delle teorie scientifiche. Molto giustamente gli organizzatori hanno proposto alla città la riflessione sulla filosofia della scienza; essa appare quanto mai necessaria ed attuale. ‘Scienza’ significa anche tutto ciò che oggi domina la vita dell’Occidente nei suoi molteplici aspetti, sia economici che etici. Un caso per tutti: basti pensare alle biotecnologie, che promettono terapie miracolose e molte volte giovano alla vita della persona, ma possono anche incidere sulla identità specifica dell’uomo, creando problemi grandiosi, dato che la scienza pare dominare il delicato confine tra la vita e la morte della persona umana. Pertanto la riflessione sulla scienza deve essere attentamente coltivata sia nella comunità sociale che religiosa, e devono essere ben visti i momenti di alto significato in cui si affrontano e si divulgano materie così delicate. La scienza, del resto, induce l’uomo a guardare con speranza al futuro. E forse questo aspetto propositivo sembra non emergere nel programma di Città di Castello. Quando si parla di speranza e di futuro per l’uomo è meglio pensare ai problemi seri, come quelli bioetici, che toccano la dignità profonda di ogni essere umano, piuttosto che rispolverare Giordano Bruno, la cui vicenda è ormai patrimonio della storia dell’umanità e della Chiesa, e che invece ‘ si sostiene nel programma del festival ‘ ‘ad oltre quattrocento anni dalla morte è capace di fornire un momento di riflessione imprescindibile per atei, agnostici e cattolici sui rispettivi compiti da assolvere in uno Stato laico’. Più che al progresso scientifico l’impostazione del Festival, nonostante i rituali proclami di libertà, di fallibilità della scienza e di antidogmatismo, rispolvera la solita e trita operazione di matrice vetero-positivistica che stabilisce un insanabile conflitto tra cristianesimo e scienza. Probabilmente questa è un’impressione sbagliata, e magari non avrà nessun fondamento oggettivo. D’altra parte è apprezzabile che al Festival siano stati invitati relatori autorevoli, che hanno affrontato con grande equilibrio le complesse problematiche legate alla scienza in tutti i suoi aspetti; tra di essi non possiamo non menzionare il prof. Roberto Battiston ed il prof. Francesco D’Agostino, che è stato anche presidente del Comitato nazionale di bioetica. Dalle colonne di questo settimanale auspichiamo ‘ per amore della verità ‘ che al Festival trovi uno spazio, fosse anche minimo, il dato storico significativo secondo il quale la scienza nasce all’interno della cultura cristiana, né fuori, né contro. Anche se molti relatori non lo vogliono ammettere (ed è legittimo affermare le proprie idee e confessare il proprio agnosticismo laico) non va dimenticato che il cristianesimo ha dato un contributo significativo alla cultura scientifica. Certi filosofi laici vorrebbero omettere, ad esempio, il ruolo che hanno avuto i Francescani nella genesi della moderna metodologia scientifica: va a loro il grande merito di aver introdotto la sperimentazione. Si potrà anche non essere d’accordo sul ruolo giocato dal cristianesimo, ma fa rimanere quanto meno perplessi sapere che a Città di Castello è intervenuto Piergiorgio Odifreddi, autore del volume intitolato Perché non possiamo essere cristiani (e men che meno cattolici). La tesi di fondo parte dalla premessa che porta il titolo Cristiani e cretini. ‘L’etimo di cretino ‘ sostiene il luminare ‘ deriva da cristiano, a partire dal francese chrétien che diventa crétin, e diventa argomento per identificare i cretini ed i cristiani’. Speriamo che questo Festival, proprio nel momento in cui la Chiesa rivaluta il profondo significato della razionalità, non si riduca ad un’ennesima occasione, creata ad arte, per dare dei ‘cretini’ ai cristiani. Non si possono certamente condividere le scelte culturali di chi ha organizzato il festival, ma occorre apprezzare l’impegno di quanti, anche in consiglio comunale, hanno espresso le proprie riserve e dissentito dalle gravi e’ffensive parole pronunciate nella giornata centrale dello stesso festival.

AUTORE: Francesco Mariucci