Dio c’è… ma chi è?

PROGETTO CULTURALE. Le conclusioni del grande evento su “Dio oggi”

“Dio oggi non è negato, è sconosciuto”: così mons. Rino Fisichella, rettore della Pontificia università lateranense, ha aperto il suo intervento conclusivo al convegno “Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto” (Roma, 10-12 dicembre). “Le strade delle nostre città – ha osservato il teologo – sono cariche di nuovi idoli. L’interesse verso un generico senso religioso, venuto meno nei decenni passati, sembra voler riprendersi una sorta di rivincita in un mondo che mostra ancora la via della secolarizzazione, anche se non è più così chiara ed evidente la strada che vuole seguire”. Ed ecco che “espressioni religiose si moltiplicano, spesso prive di spessore razionale, per dare maggior spazio all’emotività, mentre nuovi Messia dell’ultima ora appaiono di nuovo all’orizzonte, predicando l’imminente fine del mondo”. Di fronte a tale contesto, ha richiamato mons. Fisichella, “è necessario chiedersi chi siano i nuovi Paolo di Tarso, coscienti di essere portatori di una bella notizia”, poiché il termine “Dio” è “tra i più usati nel linguaggio mondiale”, ma con “sensi diversi, differenti e, a volte, contrastanti tra di loro fino ad opporsi”. Al convegno ci si è ripetutamente chiesti se Dio esista, e cosa / chi sia: “Domande inevitabili, che non possono rimanere senza risposta”. “I credenti – ha continuato – non possono permettere né che ‘Dio’ rimanga un termine privo di senso”, né che sia “comprensibile solo ai pochi addetti che utilizzano la stessa grammatica. Se ‘Dio’ ha un valore, allora questo deve essere universale e, pertanto, deve essere reso accessibile per tutti con un linguaggio che nessuno esclude”. Da qui mons. Fisichella ha ripercorso alcune tappe emerse. Dapprima un passaggio “epistemologico”, poiché si tratta di comprendere “quale conoscenza sia necessaria per giungere a pronunciare con sensatezza il termine ‘Dio’”. Nei tre giorni più volte, ha precisato, è emerso “il tentativo di ritrovare nuove strade per evidenziare la ragionevolezza del nostro procedere”. In secondo luogo la “nuova cosmologia”, che chiede di “riflettere sulla nuova identità cosmica che si sta venendo a delineare in questi decenni di grandi scoperte scientifiche”. Basti pensare, ad esempio, ai tentativi “di produrre il Big Bang, oppure i risultati che provengono dal satellite Plunck in grado di spingersi fino all’estremo dell’universo per carpirne i segreti, per comprendere quante domande si pongono. Proprio nell’anno dell’astronomia, nel quarto centenario della scoperta del cannocchiale da parte di Galileo, è necessario – ha rilevato – accogliere la sfida che si pone su questo terreno”. Terza pista è la via pulchritudinis, “costante sfida posta nel sentiero della storia”. “La via della bellezza s’impone perché apre alla conoscenza mediante la contemplazione” e “tutti siamo consapevoli – ha detto mons. Fisichella – del rapporto tra bellezza e discorso su ‘Dio’. L’arte, la letteratura, la musica… scomparirebbero per i quattro quinti se Dio non esistesse”. Quarto elemento per parlare di Dio è stato offerto dall’analisi sulle religioni e il monoteismo. Emarginare questa dimensione sarebbe “illusorio” ed “equivarrebbe a eliminare tutto il tema del linguaggio dei segni e dell’evocazione per accedere all’interno di un mondo che non trova altra risorsa per esprimersi se non quella del rito”. Infine, “una quinta pista di riflessione” risiede nel Mistero, dato che “Dio è colui a cui appartiene di non poter essere confrontato con nulla. Nel mistero dell’enigmaticità della propria esistenza personale, del cosmo e di quanto ci circonda deve sorgere l’interrogativo che tocca il senso e il significato dell’esistenza”. Ricorrere al “fato” sarebbe “una scappatoia facile”, ma “si verrebbe a compromettere il valore della libertà personale. Senza Dio – ha concluso – viene meno la possibilità dell’auto-comprensione, dell’esercizio della libertà e della responsabilità sociale”.