Dio parla anche oggi tramite i “lettori”

Incontri organizzati dall’Ufficio liturgico. L’importante ruolo di chi proclama le Scritture durante la messa

Il 10 febbraio si è conclusa la serie di tre incontri per i catechisti ed educatori della zona pastorale nord. È intervenuto don Paolo Martinelli , direttore dell’Ufficio liturgico, che ha parlato ai “lettori”, cioè i laici che durante la messa proclamano la Parola. “Un compito importante – inizia don Paolo – perché il lettore deve proclamare la Parola di Dio, e non leggerla soltanto”. Benedetto XVI chiede a tutti i lettori di preparare e assimilare, fare proprio, il brano che andranno poi a proclamare all’assemblea. “Se è facile pensare che Dio abbia parlato in tempi antichi per mezzo di Gesù – continua don Paolo – è difficile pensare che oggi continui a parlarci tramite la proclamazione delle Scritture. Proprio per questo il compito del lettore, nella messa domenicale, è più delicato e pieno di responsabilità.” Il relatore continua poi presentando uno dei problemi più diffusi durante la celebrazione eucaristica: “Oggi il nesso lettore – assemblea che ascolta si è allentato, ma questo è un riflesso della nostra società dove la percezione visiva ha sopraffatto quella uditiva, con il risultato che l’interiorizzazione diventa più difficile”. Il lettore da parte sua deve comunque leggere in modo chiaro e scorrevole, cercando di tenere viva l’attenzione dell’uditorio, e proprio con questo scopo don Paolo ha voluto distribuire a tutti i presenti un opuscolo con alcune indicazioni pratiche per Chi proclama la parola della liturgia , ricordando a tutti che ogni lettore è al servizio della Parola di Dio, dell’assemblea e del testo. Nel precedente incontro, don Salvatore Luchetti aveva presentato invece la figura di san Giovanni Bosco ponendola come esempio per tutti i catechisti che si trovano ad affrontare l’educazione alla fede delle nuove generazioni. Don Salvatore ha presentato i tre pilastri su cui si fonda il metodo educativo del santo piemontese: ragione, religione, amorevolezza. Spiegando poi i tre punti ha fatto notare che per ragione bisogna intendere la richiesta dei ragazzi di motivare quello che si dice loro: i giovani non vogliono essere contenitori passivi di ciò che imparano. “Inoltre la religione deve insegnarci il dominio di noi stessi – spiega don Salvatore –, utilissimo per avere un equilibrio che è fondamentale nell’educazione di un bambino”. Parlando infine di amorevolezza, cita don Bosco secondo il quale “l’educazione è cosa del cuore”, intendendo con il termine “amorevolezza” il mettere in gioco se stessi verso l’altro per entrare in relazione con quest’ultimo. Questa ricetta è valida soprattutto oggi, in tempi di “emergenza educativa”.

AUTORE: Francesco Orlandini