È nato il figlio della grazia

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Bruno Pennacchini Natività di San Giovanni Battista - anno B

Molti lettori sanno che ordinariamente la Chiesa cattolica festeggia i santi nel giorno anniversario della loro morte, considerato il giorno della nascita alla vita eterna: il dies natalis. Fanno eccezione Gesù (25 dicembre), sua Madre (8 settembre) e san Giovanni Battista (24 giugno). Per Gesù e per Maria Vergine sua Madre, l’eccezione è intuitiva. Ci domandiamo: perché anche Giovanni Battista? Perché da sempre i cristiani lo hanno considerato il vero momento di svolta della storia; come la “cerniera” fra l’Antico e il Nuovo Testamento. Gesù lo definì più che un profeta; il più grande fra i nati da donna.

Fu suo discepolo; si lasciò battezzare da lui e da lui fu indicato come “l’Agnello di Dio” (Gv 1,36). Tra la gente, e non solo, alcuni si domandarono se non fosse lui il Messia atteso. Cosa che egli negò categoricamente, affermando che il Messia era un altro, già presente nel mondo a loro insaputa. Fu Giovanni Battista che per primo annunciò l’arrivo del Regno e la necessità della conversione (Mt 3,2). Poi scomparve, arrestato dalle autorità politiche che non sopportavano la sua predicazione (Mc 1,14); ma egli aveva già ceduto volontariamente il passo al Messia (Gv 3,30)

Il Vangelo di oggi ne narra la nascita miracolosa. Due sono i temi che l’evangelista sottolinea: la sterilità dell’anziana coppia genitrice e la discussione circa il nome da dare al neonato. All’epoca, una coppia sterile era considerata maledetta da Dio, che la puniva per qualche grave colpa loro o dei loro antenati. Del resto l’età avanzata dei due non lasciava sperare più nulla: non avrebbero visto alcuna discendenza e il loro nome sarebbe rimasto chiuso in una tomba per sempre. Tant’è che quando un angelo, a nome di Dio, annunziò al vecchio marito che gli sarebbe nato un figlio, questi non gli credette. Per questa infedeltà rimase muto, mentre officiava nel Tempio, perché apparteneva alla classe sacerdotale. Finiti i turni di servizio, tornò a casa e poco dopo Elisabetta si accorse di essere incinta.

Le porte di quella casa restarono chiuse: lei inaspettatamente gravida, e il marito misteriosamente muto. Troppo, perché si potesse far finta di nulla. Scaduta la quarantesima settimana, il bimbo nacque. Certamente i presenti al parto si ricordarono che nella Bibbia c’è memoria di tanti uomini famosi nati da madri sterili per opera di Dio, che rivelava così la sua onnipotenza; per Lui nulla è troppo straordinario. Ne furono impressionati e in giro se ne parlava. Passarono anche gli otto giorni previsti per la circoncisione del bambino. Spesso in quell’occasione era il padre a imporgli il nome. Ma in questo caso il padre non poteva farlo perché era muto. Allora i solleciti parenti si affrettarono a suggerirlo alla madre: Zaccaria, come il vecchio padre, che forse davano ormai per spacciato.

La madre si oppose e disse che bisognava chiamarlo Giovanni. Sorpresa generale: nella sua parentela infatti nessuno portava questo nome. Cercarono di sapere che cosa ne pensava il vecchio; il quale, non potendo parlare, si fece portare una tavoletta cerata, su cui si poteva scrivere con uno stilo, e scrisse in ebraico: “Il suo nome è Giovanni”. E Giovanni fu. Ma perché l’evangelista si è attardato su questo dettaglio? Perché il nome Giovanni, nella lingua ebraica, ha a che fare con la grazia, ossia con la gratuità di Dio. Con quel nome i vecchi genitori riconoscevano pubblicamente che quel bambino era un dono gratuito di Dio, arrivato quando ormai ogni speranza era da considerarsi morta. Non solo: quel nome era anche una profezia per il futuro. La nuova era si apriva sotto il segno della gratuità di Dio. Terminava il tempo della legge e aveva inizio quello della grazia. La giustificazione sarebbe venuta della fede e non dalle opere della Legge (Rm 3,28).

La prima lettura è un brano dalla seconda parte del libro del profeta Isaia, detta “Secondo canto del Servo del Signore”. La predicazione cristiana fin dagli inizi lo lesse come profezia del Messia Gesù. La liturgia di oggi lo riferisce a Giovanni Battista, a cui peraltro si può applicare senza sforzo. Il Canto mette in bocca al protagonista alcune parole che descrivono la vicenda di Giovanni: “Il Signore dal seno materno mi ha chiamato” (Is 49,1). Il Vangelo secondo Luca narra che quando Maria di Nazareth ed Elisabetta si incontrarono, il bambino sobbalzò nel seno della madre, come chiamato dal Verbo di Dio, già presente in seno alla parente venuta in visita. Più avanti è scritto: “(Il Signore) ha reso la mia bocca come spada affilata… come freccia appuntita” (Is 49,2). Tale sarà infatti la predicazione di Giovanni, con cui chiamò efficacemente a conversione, annunciò il Messia venturo, contestò la condotta morale del re; ma essa lo portò anche alla morte, suprema testimonianza alla Verità.

AUTORE: Bruno Pennacchini - Esegeta, già docente all’Ita di Assisi