Europa ‘evangelizzanda’

Un summit per l’evangelizzazione dell’Europa si è svolto in Israele, immediatamente dopo Pasqua, nell’accogliente Domus Galileae del monte delle Beatitudini, per un’intera settimana; presenti 9 cardinali, 20 arcivescovi tra cui presidenti di Conferenze episcopali nazionali, e 170 vescovi di tutta Europa, con molte coppie di catechisti di varie parti del mondo. Sul tavolo la questione: anche l’Europa, sul piano dell’appartenenza cristiana, sta mutando velocemente in seguito a processi culturali in rapida successione, ma anche ai tanti condizionamenti ideologici del potere massmediatico e di quello economico, alleati tra loro. C’è un novus ordo che pretende di imporsi, basato su principi altri, col ridimensionamento del valore della razionalità e col ridurre la verità ad opinione. Nell’orizzonte non si intravvede più la mano di Dio né la legittimità dei grandi interrogativi di senso. Ne è nata un’antropologia e una prassi comportamentale che sono antitetiche a quelle di appena l’altroieri, dettate da una sana ragione. All’incontro s’è parlato di tutto questo come d’uno ‘tsunami’ che sta aggredendo anche la Chiesa cattolica ovunque si trovi. È importante prenderne coscienza, per non piangersi addosso come gente senza speranza. C’è invece bisogno d’un ricominciamento, d’un nuovo modo profetico di riproporre Cristo al nostro tempo. Già dal 1988 Giovanni Paolo II ci aveva messo sull’avviso: ‘Urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana; ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali che vivono in questi paesi’ (Ch. L. 34). Ci ha spronato perciò ad attuare una ‘nuova evangelizzazione’, dove aggettivo e sostantivo hanno la loro forte connotazione. C’è allora solo da chiederci: come fare personalità cristiane oggi? Se nel post-Concilio si puntò molto sulla dimensione sociale della fede, pensando che la promozione umana avrebbe portato con sé anche la fede, fu fatta non una scelta sbagliata, ma monca: è la fede che in realtà promuove l’uomo, la sua umanità e la sua razionalità, fondando la dignità della persona; non viceversa. E tuttavia sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno dato forte spinta al recupero della razionalità come primo impegno del credente: altro che opposizione tra fede e ragione, fede e scienza! È l’uso distorto della razionalità che genera mostri! Dall’intenso dibattito sulle condizioni della cristianità in Europa, l’Italia a dire il vero non esce perdente. La Chiesa in Italia è un fatto di popolo, non di élite, e la matrice cristiana è ancora visibile nella cultura e nella società, nel compaginarsi tra popolo e preti, tra famiglie e parrocchia, o anche nella forte identificazione con i suoi santi e il suo passato. Ma questo non basta: il paganesimo corrosivo dei costumi ci costringe a provvedere ad una nuova evangelizzazione che aiuti a motivare le scelte. Da tempo i Vescovi chiedono una fede adulta, e cioè anche pensata, argomentata. E una pastorale ‘integrata’ come stile di una Chiesa missionaria. Sono presenti un po’ ovunque proposte evangelizzatrici, come quelle dei movimenti ecclesiali, ognuno con sue caratteristiche ormai riconosciute dal magistero ecclesiastico. Di recente anche Papa Benedetto ha ripetuto ai vescovi: ‘Vi chiedo di andare incontro ai movimenti con molto amore’, soprattutto quando intorno c’è il deserto. E se non c’è un movimento, ci sia qualcosa che gli rassomigli, sul modello del Rica. Per la missio ad gentes si stanno già preparando preti, famiglie con figli, seminari ad hoc! Lo Spirito santo di Dio è già al lavoro e sta spuntando una nuova primavera. E questo ci interessa.

AUTORE: Giuseppe Chiaretti