Fabio Pedoni: martire della libertà

1944: appena sedicenne si arruolò nella guardia civica per soccorrere i feriti

p align=”justify”Città di Castello, luglio 1944. La guerra volgeva alla fine con l’avanzata delle truppe inglesi che, coadiuvate dalle formazioni di partigiani, mettevano in fuga i pochi tedeschi rimasti. Continuava, però, l’ondata di violenza e di morte: mine, granate, fucilazioni perduravano ancora, esacerbate sempre più da un cieco e folle odio. A causa delle precarie condizioni igieniche scoppiò un’epidemia di tifo che mieteva ogni giorno numerose vittime. La gente, prostrata dalla fame e dal dolore, si era rifugiata nelle campagne dopo lo sfollamento dalla città. Ormai non si teneva più il conto dei saccheggi perpetrati nei casolari e nei poderi, razzie spesso accompagnate da omicidi. Tuttavia, è proprio dall’abisso più profondo della barbarie che emerge il più genuino sentimento di umanità che l’uomo possa dimostrare nei confronti dell’altro. In questo terrificante quadro, furono molti i gesti d’eroismo, o semplici atti di solidarietà compiuti da persone che non esitarono a perdere la vita nell’aiutare gli altri. Uno di questi fu il giovanissimo Fabio Pedoni. Classe 1928, Fabio viveva con la madre, vedova, in piazza Vitelli (oggi Matteotti). Sebbene avesse solo sedici anni, anziché sfollare, decise di rimanere in città per difenderla. Arruolatosi nella guardia civica assieme a pochissimi altri volontari, soccorreva feriti e moribondi girando per i vicoli della città. In caso di gravità, trasportava il degente al pronto soccorso, allestito per l’occasione nei locali del seminario. Il 13 luglio, lo stesso giorno in cui gl’inglesi occupavano Monte Santa Maria, Fabio stava ritornando a casa dal seminario. Quando svoltò per via Guelfucci, davanti all’allora caserma dei pompieri, vi fu un violento scoppio di granata. Fabio, colpito da una scheggia, morì subito. Una lapide, apposta nel muro, ne ricorda il gesto: “Fabio Pedoni / figlio unico sedicenne / rimasto con pochi volonterosi / a soccorrere feriti e digenti / a difendere la città / fatta sfollare per la razzia tedesca / qui cadde il 13 luglio 1944 / colpito da granata. / I componenti della guardia / a ricordo e a monito”. L’atto di solidarietà di Fabio conferma quanto Città di Castello sia una terra di eccezionali filantropi. Fabio Pedoni appartiene a quella schiera di benefattori operanti in questa città, schiera tra le cui file spiccano i nomi di Leopoldo e Alice Franchetti, Gaetano Cassarotti, Giuseppe Segapeli, Giulio Della Porta, Ottavio Bufalini, Carlo Liviero. Uomini e donne che hanno aiutato gli altri durante la loro vita, alcuni, come Fabio, fino addirittura a perderla. Martiri, anche nel suo significato classico di “testimoni”. Quando gli ‘Ussari’ fecero brecciaUna bella giornata di festa ha concluso l’anno della memoria. Benjamin Moody giovane tenente di quel terzo Reggimento Ussari della Regina diretta filiazione di quelle truppe inglesi che liberarono Città di Castello il 22 luglio 1944, il reduce Erbert Goodwin che partecipò direttamente all’epoca alle operazioni sul territorio altotiberino, mons. Beniamino Schivo allora rettore del Seminario che fu utilizzato come ospedale ed impegnato in prima persona nel dare asilo e sostegno ai profughi ebrei durante le persecuzioni antisemitiche: questi i principali protagonisti delle celebrazioni programmate per il sessantesimo anniversario della liberazione di Città di Castello. Ricco il programma delle iniziative che hanno preso il via nel Palazzo comunale il 22 luglio scorso quando alle ore 11 il sindaco Fernanda Cecchini ed i rappresentanti delle associazioni cittadine hanno ricevuto una delegazione di quelle truppe inglesi che entrarono nel capoluogo tifernate da Porta S. Maria. Il sindaco Cecchini ha consegnato al tenente Moody i sigilli di Città di Castello. L’ufficiale, insieme ad una delegazione di soldati, ha raggiunto il capoluogo tifernate da una base in Germania dopo un lungo periodo di missione in Iraq. Nel tardo pomeriggio, poi, alle ore 19 l’atrio della stessa residenza ha ospitato la proiezione di due documenti filmati: “Passaggi di tempo” realizzato da David Laurenti e Mario Tosti e “Mutazioni” realizzato da Tommaso Bigi, Fernando Menchi, Mario Tosti e prodotto dall’Istituto storico “Venanzio Gabriotti”. In serata poi, alle ore 21.30 una delegazione di Ussari ha ripetuto l’entrata a Città di Castello dalla stessa Porta S. Maria e ha sfilato in corte accompagnata dalla Filarmonica “Puccini”. In piazza Matteotti, infine, esecuzione degli inni nazionali, esposizione delle bandiere a Palazzo del Podestà, un brindisi a tutti i partecipanti offerto dai bar del centro e l’esibizione della Perugia Big Band diretta dal maestro Nando Roselletti con la voce di Silvia Pierucci che ha proposto “Una musica… un’epoca” una bella raccolta dei brani più famosi degli anni ’40 e ’50. Una giornata di festa che ha concluso un significativo “Anno della memoria”.