Fra Antonio Maria Tofanelli è stato ordinato presbitero

Santuario del Belvedere/ L'ordinazione presbiterale di un cappuccino da parte del vescovo

E’ forse la prima volta nella secolare storia della cattedrale di Città di Castello che un Vescovo cappuccino conferisce l’ordine del presbiterato ad un frate cappuccino. E’ successo lo scorso 12 ottobre quando mons. Pellegrino Tomaso Ronchi ha ordinato presbitero fra Antonio Maria Tofanelli della comunità cappuccina del santuario di Belvedere. Tanti sono stati i fedeli, amici di padre Antonio, accorsi da ogni parte d’Italia nella cattedrale tifernate. C’erano i suoi genitori. C’erano anche molti confratelli della provincia umbra dei cappuccini guidati da padre Ennio Tiacci, ministro provinciale dell’ordine. Dalle colonne di questo giornale si è già avuto modo di parlare delle lontane origini altotiberine di padre Antonio e della sua esperienza vocazionale. Il Vescovo di Città di Castello, durante l’omelia, ha ricordato che “la vocazione al sacerdozio è un dono e un mistero. E’ dono perché è qualcosa di non meritato, ma un segno di predilezione da parte di Colui che ci ha chiamati a condividere la sua amicizia”. Ed è mistero in quanto non è umanamente spiegabile “il perché Cristo abbia posto il suo sguardo di amore su ciascuno di noi”. Come sacerdoti – ha proseguito mons. Ronchi – noi siamo dei consacrati perché non apparteniamo più al mondo, ma a Dio. “Noi siamo chiamati ad essere degli specialisti di Dio”. Come per valutare un’opera d’arte ci si rivolge ad un intenditore, così anche “ogni sacerdote deve essere un intenditore di Dio, uno specialista nei rapporti con Dio e i suoi misteri”. Il ministero sacerdotale impegna ad essere segni viventi di Gesù: da ciò nasce la necessità della santità della vita che si perfeziona con la preghiera e la carità. Lo Spirito santo è il vero protagonista della liturgia di consacrazione. Con il semplice gesto dell’imposizione delle mani del Vescovo e poi dei sacerdoti sul capo dell’eletto lo Spirito santo è stato donato a padre Antonio e lo ha trasformato in sacerdote di Dio, in eterno. ll prete è stato rivestito della casula, abito che ricorda il pastore, indossato dal capo della comunità, che deve stare vicino agli uomini e ai loro problemi nella prospettiva della salvezza eterna. Le mani del presbitero sono state unte con il Crisma perché possano, a loro volta, consacrare le specie eucaristiche. San Francesco aveva grande venerazione per i preti tanto da affermare: “se incontrassi insieme un santo venuto dal cielo e un povero prete, io esprimerei la mia venerazione innanzitutto al sacerdote baciandogli subito le mani, e direi: aspetta un momento, san Lorenzo, perché le mani di questo uomo toccano il Verbo della vita e possiedono una potenza sovrumana”. Il Santo di Assisi voleva che si testimoniasse il più grande rispetto alle mani dei sacerdoti: “qui e in tutte le chiese che sono in tutto il mondo” esse accolgono, fisicamente presente, il Signore crocifisso e risorto. Quelle mani sono tanto più preziose per l’umanità in quanto non trattengono per sé, ma sono consacrate per elargire doni immortali ed eterni agli uomini affamati. La celebrazione eucaristica è stata arricchita dalla corale “Marietta Alboni” che, al termine della messa, come canto di ringraziamento ha eseguito “Cantico delle Creature” su musica dello stesso fra Antonio Maria Tofanelli.

AUTORE: Francesco Mariucci