Il messaggio dei Vescovi italiani per la Giornata della vita 2019 (domenica 3 febbraio) ha un titolo emblematico: “È vita, è futuro”. La riflessione intreccia le preoccupazioni e le sfide del presente con la speranza. Virtù che genera futuro e, con esso, quella carica di senso e di scopo che attiva e anima l’impegno più generoso e audace.
Non un futuro immobile nel suo al di là, ma un futuro veniente: “Il futuro inizia oggi: è un investimento nel presente”. La vita è così vista sulla lunghezza d’onda della speranza e della passione del possibile che essa genera e alimenta. Una speranza che non evade dalla terra: “Il cristiano guarda alla realtà futura, quella di Dio, con i piedi ben piantati sulla terra per rispondere con coraggio alle innumerevoli sfide”. Sono sfide alla vita che riflettono un difetto di speranza e tolgono futuro alla vita, all’amore e all’impegno per essa.
Le sfide della vita
Il messaggio pone come prima sfida “la mancanza di un lavoro stabile e dignitoso”, che “spegne nei più giovani l’anelito al futuro” e, con esso, alla formazione di una famiglia e alla generazione della vita. Il deficit di futuro provocato dall’instabilità e insicurezza del lavoro concorre fortemente al “calo demografico” in atto nel nostro Paese e al suo progressivo aggravamento.
Al dato socio-economico della carenza e precarietà del lavoro si salda quello socio-culturale di una diffusa e pervasiva “mentalità antinatalista”, esito di quell’ anti- life mentality che sottrae valore e amore alla vita, alla vita nascente in primis .
Il che “determina una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato”. Non solo: “Rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire”. Di qui l’urgenza di “un patto per la natalità”, che “coinvolga tutte le forze culturali e politiche” e “riconosca la famiglia come grembo generativo del nostro Paese”.
Altra sfida sono le molte e multiformi condizioni di “chi soffre per la malattia, per la violenza subita o per l’emarginazione”. Sofferenza gravata da “l’indifferenza” dello sguardo distratto e incurante, incapace di misurarsi con la fragilità.
Due emergenze
Un’attenzione particolare è rivolta a due emergenze. La prima viene da lontano: è la “piaga dell’aborto” che, come ha detto Papa Francesco, “non è un male minore, è un crimine”. Denuncia che lo porta a ribadire in modo forte: “La difesa dell’innocente che non è nato deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana”.
La seconda è un’emergenza dei nostri giorni che si fa sempre più inquietante. Tocca la vita di donne, uomini e bambini “bisognosi di trovare rifugio in una terra sicura” e vanno incontro a naufragi e tentativi di “respingimento verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze”.
In linea con l’insegnamento del Papa, il messaggio congiunge in un’unica denuncia l’indifferenza, l’incuria e gli affronti alla vita umana con gli “attentati all’integrità e alla salute della “casa comune”, che è il nostro pianeta”. Oggetto entrambe delle stesse negligenze e violazioni.
La speranza
Ciononostante domina la speranza: la forza del possibile nonostante tutto. Forza attinta alla vittoria pasquale del Crocifisso, che fuga ogni rassegnazione e sconforto e porta a “rinnovarsi e rinnovare”. Il futuro è dalla parte della vita, perché “la vita è sempre un bene”. Riconoscere e promuovere questo bene schiude orizzonti. “Per aprire il futuro siamo chiamati all’accoglienza della vita”. A prescindere dalle sue fragilità. Anzi con attenzione privilegiata ad esse: “L’abbraccio alla vita fragile genera futuro”.
Mauro Cozzoli
ordinario di Teologia morale pontificia università Lateranense