Nei giorni scorsi ci siamo sentiti sfiorare dal vento gelido della guerra imminente. È stato quando Stoltenberg – il segretario generale della Nato – ha detto che si dovrebbe pensare ad autorizzare l’Ucraina ad impiegare le armi che le vengono fornite dagli Occidentali, anche per colpire obiettivi all’interno della Russia. Sinora, quelle armi vengono date sotto la condizione che vengano usate solo per colpire le forze russe che occupano territori ucraini.
Si tratterebbe di un grosso salto di qualità, almeno a prima vista: l’azione dell’Ucraina non sarebbe più solamente difensiva, ma diventerebbe offensiva, e metterebbe nella stessa posizione i Paesi dell’alleanza atlantica che sostengono l’Ucraina ma non vogliono essere coinvolti direttamente nella guerra. Dobbiamo sapere, però, che Stoltenberg è solo un funzionario esecutivo – per quanto di alto rango – e non ha il potere di prendere certe decisioni.
Dobbiamo anche sapere che, almeno per ora, l’intenzione dell’Ucraina non sarebbe quella di bombardare le città russe e la loro popolazione civile ma solo quella di colpire le basi, situate in territorio russo, dalle quali vengono lanciati i missili che bombardano (quelli sì) le città e la popolazione civile dell’Ucraina. Insomma si tratterebbe pur sempre di azioni difensive. Che si arrivi davvero a questo aggravamento (escalation) della guerra è ben poco probabile.
Ma che oggi si discuta intorno a questa ipotesi è importante perché mette meglio in luce una verità che tutti sanno o dovrebbero sapere, ma che diversi personaggi (come Michele Santoro e Marco Travaglio) sembrano non considerare. E cioè che la guerra fra la Russia e l’Ucraina si svolge tutta e solo in territorio ucraino, e coinvolge solo quelle popolazioni. Questo accade per la semplice ragione che è stata la Russia ad invadere l’Ucraina e non viceversa, e che se non l’avesse fatto non ci sarebbe alcuna guerra in corso.
È importante aggiungere che quei confini che l’Ucraina vorrebbe difendere non sono stati imposti alla Russia da chicchessia – tanto meno dagli Occidentali – ma sono i vecchi confini interni dell’Unione Sovietica, decisi al Cremlino di Mosca e in vigore il 26 dicembre 1991, quando l’Urss fu dissolta, con il pieno accordo di chi (Boris Eltsin) in quel momento governava quella che si chiamava già e tuttora si chiama Federazione Russa. Tanto per essere chiari.