Il Fattore famiglia farebbe bene a tutti

Società. Le idee emerse all’ultimo convegno organizzato a Roma da Forum famiglie e associazione Lapet

“Un Paese potrà continuare a definirsi civile solo quando la nascita di un figlio non costituirà un elemento di impoverimento per la sua famiglia, bensì di ricchezza per l’intero Paese”. Così Roberto Falcone, presidente della Lapet (Associazione nazionale tributaristi), inaugurando nei giorni scorsi a Roma il convegno “Se hai dei figli devi pagare meno. Il Fattore famiglia, strumento di equità fiscale e di rilancio dell’economia” promosso dalla stessa Lapet e dal Forum delle associazioni familiari. L’incontro è stato l’occasione per presentare la seconda parte (la prima parte è stata presentata lo scorso aprile) di un’indagine condotta dall’associazione dei tributaristi in collaborazione con il Forum e l’Università Telma – La Sapienza di Roma, dedicata agli aspetti economici e all’impatto che l’introduzione del Fattore famiglia (criterio per quantificare l’effettiva capacità contributiva delle famiglie proposto dal Forum nel novembre 2010) avrebbe sulla ripresa dell’economia nazionale. Patto per la famiglia. “La famiglia – prosegue Falcone – è un bene primario costituzionalmente riconosciuto; l’art. 32 stabilisce in maniera inequivocabile che lo Stato la sostenga”. Di qui la logica conseguenza della necessità di una “riforma del sistema fiscale più equa, in cui il prelievo fiscale sia commisurato ai carichi familiari”. Il costo del provvedimento è stimato in 16,9 miliardi ma, sottolinea il presidente Lapet, “esistono i presupposti economici e finanziari per un suo autofinanziamento”. “L’Ue non ci ha chiesto solo il pareggio di bilancio ma anche il rilancio dell’economia”, rammenta Francesco Belletti, presidente del Forum. Per soddisfare le richieste di Bruxelles “dobbiamo ricominciare ad investire sul tessuto produttivo ma anche sulla famiglia – sostiene -, e proprio su questo continueremo ad insistere in joint-venture con la Lapet, sfidando non solo il Governo ma anche le Segreterie politiche, per costruire un grande patto per la famiglia, luogo che custodisce l’umano e il bene comune, e intorno al quale ruota la questione sociale che è anzitutto antropologica”. Di qui una precisazione: “Agire per un fisco a misura di famiglia non è richiesta di misure assistenziali, ma di uno strumento di sviluppo economico”. Il Fattore famiglia prevede una no tax area sottratta all’imposizione fiscale che viene moltiplicata per un fattore (il Fattore famiglia, appunto) che tiene conto dei familiari a carico e delle situazioni che contribuiscono ad appesantire l’economia familiare (disabilità, monogenitorialità, vedovanza). Costo o investimento? Il Fattore famiglia rappresenta un costo o un investimento per lo Stato? Secondo Giancarlo Puddu, presidente del Centro studi Lapet, la riduzione delle imposte che il provvedimento comporta “non rappresenta un reale costo per lo Stato, perché aumenta la ricchezza nazionale”. Si tratta piuttosto di una sorta di “anticipazione di cassa”. “In presenza di una riduzione delle imposte stimata in un valore di 16,9 miliardi di euro (il costo del Fattore famiglia) – spiega -, l’incremento della ricchezza sarebbe infatti pari a 17,6 miliardi”. Ad illustrare l’indagine è Pasquale Sarnacchiaro, docente di Statistica all’Università di Roma. In Italia, spiega, “le famiglie in condizioni di povertà assoluta sono 1.156mila, il 4,6% del totale. Il 44% si trova al Sud”. Sono diminuiti progressivamente negli ultimi anni, e anche nel secondo trimestre 2011 rispetto al primo, la propensione al risparmio e il potere d’acquisto della maggioranza delle famiglie. Sono proprio i nuclei con uno o più figli a ridurre anche i consumi di beni primari. Di qui l’importanza del Fattore famiglia, intervento complessivo di 16,9 miliardi di euro di cui beneficerebbero le famiglie con almeno un figlio: il 43,5% dei nuclei beneficiari sono al Sud, il 26,4% nelle isole, il 16,2% al Centro e il 13,8% al Nord. Sostegno alla crescita economica. Secondo i ricercatori, il 9,6% dell’importo complessivo della manovra verrebbe adibito al risparmio privato, ossia 1,6 miliardi; i restanti 15,3 miliardi sarebbero destinati ai consumi, secondo le voci di un “paniere” che, spiega Sarnacchiaro, prevede il 44,4% delle risorse destinate all’abitazione (con conseguente impulso all’attività edilizia), il 24,8% ai prodotti alimentari, il 12,2% a trasporti e comunicazione, il 4,5% all’abbigliamento. Di qui la sottolineatura di “un’evidente crescita dei consumi, e quindi del Pil e conseguentemente dell’occupazione”. Dunque l’applicazione del Fattore famiglia costituirebbe, secondo Lapet e Forum, “una manovra di sostegno alla crescita economica del Paese”, anche perché “parte delle uscite sarebbe compensata dalle nuove entrate fiscali” quali aumento dell’Iva (3,3 miliardi) e dell’Irpef (4,3 miliardi). Oltre ad “incrementare la ricchezza nazionale di 17,6 miliardi”, il Fattore famiglia porterebbe ad una “crescita occupazionale stimata in 200.000 / 250.000 posti di lavoro, pari a un quarto di punto di Pil”, e alla riduzione di circa un milione del numero di famiglie sotto la soglia della povertà (relativa e assoluta). A conclusione dei lavori, Falcone auspica l’introduzione di un’imposta patrimoniale a l’avvio di “una seria lotta all’evasione fiscale”, mentre la segretaria Lapet, Giovanna Restucci, annuncia la prossima stesura di “una bozza di legge da offrire ai nostri legislatori”.