Il genio del tabacco

Ricordo di Silvio Donadoni a 10 anni dalla scomparsa

Dieci anni fa scompariva il dottor Silvio Donadoni, uno dei personaggi più importanti e più significativi della storia di Città di Castello. Il suo ricordo si salda strettamente con la coltura che sopra ogni altra ha determinato lo sviluppo dell’Alta Valle del Tevere, ovvero il tabacco. Nato nel 1923, Donadoni era il figlio del direttore dell’Istituto scientifico del monopolio di Stato di Scafati. Frequentò il liceo di Lecco, retto dai Gesuiti, poi partì volontario di guerra nei Balcani. Il giorno dell’armistizio è in Liguria dove lo catturano i tedeschi, ma riesce miracolosamente a fuggire, giungendo a Roma. Si laurea in Agraria con una tesi sul tabacco Virginia Bright di Città di Castello, dove fu chiamato alla direzione della Fattoria autonoma tabacchi (Fat), succedendo a Dino Garinei. La genialità e la lungimiranza di Donadoni rivivono nel ricordo di un suo amico e collaboratore, il cavalier Giuseppe Gildoni, coltivatore di tabacco e da cinquant’anni nelle Acli altotiberine. ‘La guerra era passata da poco – analizza Gildoni -, con un’agricoltura quasi alla deriva e una mezzadria ormai irrigidita che soffocava ogni innovazione e rinnovamento. Ci voleva il coraggio di persone illuminate da una grande intelligenza, che vedevano lontano e sapevano indicare la strada del futuro, come Silvio Donadoni’. Nei primi anni Sessanta anche il giovane agricoltore Gildoni aveva maturato il proposito di abbandonare il tabacco, ma Donadoni, con in testa il rilancio della filiera tabacchicola, lo persuase a restare. ‘Infatti – continua Gildoni – il progetto nei primi anni Settanta è diventato realtà. Sono nate tante ‘unità di servizio’ che hanno permesso alla tabacchicoltura una totale trasformazione. Sono stati ideati nuovi sistemi di cura e di raccolta, davvero geniali e funzionali. Un beneficio per tutta la vallata, perché con l’espansione del tabacco ci fu lavoro e ricchezza per tutti. ‘Il tabacco è l’oro verde dell’Umbria’, soleva dire lo stesso Donadoni’. Così, sotto la guida di Donadoni, la Fat divenne forse la più rilevante realtà tabacchicola europea, con l’introduzione del ball-curing e le sopra citate unità di servizio, ispirate ai kibbutz israeliani. ‘La prima unità di servizio – puntualizza con orgoglio Gildoni – è stata inaugurata a Lerchi il 9 agosto 1972 e rappresentò una grande innovazione, poiché queste unità realizzavano la completa lavorazione del tabacco, dalla piantagione all’essiccazione’. Ovviamente, il direttore Donadoni è stato un personaggio molto influente nella vita politica, anche se non aspirò a nessuna magistratura. Suoi interlocutori privilegiati, fin dal dopoguerra, furono gli agrari e i magnati americani, e la storia di queste frequentazioni è tutta da scrivere. Col suo temperamento forte teneva in pugno amministratori locali, banche e industrie. Sapeva elargire sorrisi e rimproveri. Per tutta la vita si dimostrò sempre corretto e sincero. ‘Se vogliamo riconoscere in Donadoni l’inizio della trasformazione – chiude Gildoni -, dobbiamo insistere che non avvenga la fine di questa coltura, che non conosce alternativa’.

AUTORE: Saverio Freddi