Il Pane del cielo… “cos’è?”

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Bruno Pennacchini XVIII Domenica del tempo ordinario - anno B

Per comprendere il senso del Vangelo di questa domenica è necessario – come sempre del resto – ricollocarlo nel suo contesto. Gesù ha moltiplicato pani e pesci per nutrire una folla considerevole. Di fronte al fatto imprevisto, i presenti tentano di impadronirsene e metterlo a capo di un loro regno, dove il problema della fame sarebbe risolto per sempre. Ma Gesù fugge e si nasconde fra le colline sovrastanti. Nel frattempo i discepoli si sono imbarcati alla volta di Cafarnao, senza Gesù a bordo, che li raggiungerà a piedi, camminando di notte, sulle acque tempestose. La gente non capisce: da quella parte del lago Gesù è introvabile, sebbene non l’abbiano visto partire insieme ai discepoli. Si dirigono comunque verso Cafarnao, dove lo trovano la mattina seguente.

Gli domandano: “Rabbì, quando sei arrivato qua?”. Gesù risponde con un lungo discorso, che la liturgia presenterà, a brani, durante le prossime domeniche. In realtà Gesù non risponde direttamente alla loro curiosità, ma introduce nuovi temi, totalmente spiazzanti. Per prima cosa dice che lo stanno cercando solo per interessi materiali: hanno ben mangiato, si sono saziati, ma non sono stati capaci di capire il senso di quanto era avvenuto. Lui ha compiuto un segno perché imparassero a riconoscerlo, ma loro non sono stati interessati che al proprio stomaco, e ancora sono lì solo per questo. E aggiunge: adoperatevi non per procurarvi un cibo che comunque perirà, insieme allo stomaco che lo reclama, ma per un altro cibo, quello capace di rispondere alle richieste di una vita libera dalle minacce della morte; che si può ricevere soltanto dal Figlio di Dio. Quindi i presenti gli chiedono quali altre opere debbano fare.

Gesù risponde che non si tratta di opere da fare; c’è solo da credere che Lui è il Mandato del Padre. Allora, dimenticando quanto avevano visto il giorno prima, gli chiedono di fare un segno decisivo, che autentichi le sue parole; un segno simile a quello che aveva fatto Mosè: far scendere la manna dal cielo. Gesù ribatte che la manna non era il cibo “vero”, tant’è che i loro padri, pur avendone mangiato, sono morti. Il cibo vero è colui che scende dal cielo e dà al mondo la vita senza fine. Ma non riescono ad entrare nella dimensione in cui Gesù sta cercando di introdurli. E ragionando ancora in termini economici, esclamano: “Dacci sempre di questo pane!”. Li ha accompagnati fino a questo punto, per prepararli alla rivelazione del Pane della vita: “Io sono il pane della vita”. Chi ha qualche dimestichezza con il Vangelo secondo Giovanni, conosce la forza dell’espressione “Io sono” (egò eimì) sulla sua bocca.

La prima incomprensione tra Gesù e la folla è a proposito del “cercare”. Loro sono alla ricerca del Capo. Quando lo trovano, si sentono rimproverare la loro ricerca egoistica. Non basta cercare Gesù. Ci si deve domandare sinceramente che cosa in verità si stia cercando. Se ti affanni per qualcosa che riempia i tuoi piccoli bisogni, allora ti sentirai rispondere che ti stai agitando per ciò che a lungo non ti sazierà. Dopo che avrai mangiato, avrai ancora fame e non saprai perché. Le nostre società lottano per problemi economici, ritenendoli la chiave che risolve la vita. Salvo scoprire che, anche se si raggiunge lo scopo, fame e sete sono ancora lì, profonde e misteriose, che non si sa come spegnere.

Tornano in mente le parole del profeta Amos: “Ecco, vengono i giorni, dice il Signore Dio, in cui io manderò la fame nel paese; non fame di pane o sete d’ acqua, ma fame e sete di ascoltare la Parola del Signore. Allora, vagando da un mare all’altro, dal settentrione all’oriente, correranno qua e là in cerca della Parola del Signore, ma non la troveranno” (Am 8,11-12). Gesù dà compimento a questa parola profetica. La manna fu un’esperienza fondante per l’antico popolo dell’Alleanza. Le Scritture sante ne parlano così: “Dio… ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per insegnarti che l’uomo non vive soltanto di pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca del Signore” (Dt 8,3).

La manna fu la risposta di Dio alla fame del suo popolo, non solo di quella fisica, ma di quella integrale della vita. Simbolo dell’ascolto: nessuno può vivere, se non c’è qualcuno che gli parla. Piena di mistero: né loro, né i loro padri l’avevano mai conosciuta. Quando la videro per la prima volta, si domandarono: “Che cos’è?” (man-hu?, in Es 16). La manna era anche una provocazione alla loro fede: dovevano raccoglierla giorno per giorno, fidandosi della fedeltà di Dio, che l’avrebbe garantita anche per l’indomani. La nuova manna è il Pane eucaristico, presenza reale di Gesù, Parola incarnata. Mangiarne senza ascoltare il Maestro che parla, è come star vicino a qualcuno senza sapere chi è.

AUTORE: Bruno Pennacchini, Esegeta, già docente all’Ita di Assisi