Il sacerdozio: dono e mistero

parola di vescovo

La scelta compiuta da Benedetto XVI, di indire un Anno sacerdotale, ha come obiettivo quello di ‘aiutare innanzitutto i sacerdoti, e con essi l’intero popolo di Dio, a riscoprire e rinvigorire la coscienza dello straordinario ed indispensabile dono di grazia che il ministero ordinato rappresenta’. L’Anno sacerdotale si configura, infatti, come momento favorevole per una ‘rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono del ministero ordinato’, concretizzato in splendide figure di pastori, come il santo Curato d’Ars, il quale ‘non riusciva a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una creatura umana’. L’Anno sacerdotale costituisce per le comunità cristiane una grande opportunità di rinnovamento e, conseguentemente, di rinvigorimento nell’impegno di aiutare i presbiteri a vivere con gioiosa fedeltà la propria missione di ‘servi premurosi del popolo di Dio’. È il prefazio della messa crismale a suggerire questa immagine, che don Tonino Bello sviluppa in termini efficaci. – Servi inutili, ‘amanti degli ultimi posti e non innamorati delle luci della ribalta’, pronti a servire e non ad essere serviti. – Servi infaticabili, ‘a tempo pieno, dalla mattina alla sera, e non a mezzo servizio, con semplici prestazioni part-time’. – Servi fedeli, ‘amanti della parola essenziale, profetica, libera, lungamente cercata nella preghiera, nello studio, nel sacrificio’. – Servi buoni, accreditati dalla ‘testimonianza di una vita pura, che rifugge dalle ambiguità, dai compromessi, dai sotterfugi’. – Servi saggi, che si distinguono per una ‘vita povera, fatta di cose essenziali, scarna di retorica, lontana dalle lusinghe della carriera’. – Servi premurosi, ‘capaci di fedeltà, coerenza, saggezza, accoglienza di tutti, affabile bontà, autorevole fermezza nelle cose essenziali, libertà dai punti di vista troppo soggettivi, disinteresse personale, pazienza, gusto dell’impegno quotidiano, fiducia nel lavoro nascosto della grazia’. ‘La testimonianza di un sacerdozio vissuto bene ‘ osservava Giovanni Paolo II ‘ nobilita la Chiesa, suscita ammirazione nei fedeli, è fonte di benedizione per la comunità, è la migliore promozione vocazionale’. Quanto questo sia vero lo testimonia la straordinaria fioritura di preti santi, della tempra di san Giovanni Maria Vianney; preti generati da famiglie cristiane autentiche e da comunità parrocchiali vive ‘ non semplicemente vivaci! ‘, in grado di ‘far crescere i germi di vocazione che, a piene mani, il Signore stesso semina nel campo della Chiesa’. La pastorale vocazionale è, in effetti, il frutto maturo dell’azione complessiva della Chiesa che, se è missionaria, diventa terreno fecondo di vocazioni. L’urgenza di ravvivare la proposta vocazionale, inserendola nel quadro più ampio della pastorale familiare e giovanile, si coniuga con l’esigenza di mirare ad una Chiesa tutta ministeriale, preoccupata non di moltiplicare ‘iniziative pastorali prive d’iniziativa’, ma di realizzare adeguate ‘infrastrutture spirituali’.

AUTORE: ' Gualtiero Sigismondi