In totale dedizione ai poveri

BEATIFICAZIONI. Il 23 maggio è salito agli onori degli altari mons. Oscar Romero, martire di El Salvador
Festa per la beatificazione di Oscar Romero a San Salvador
Festa per la beatificazione di Oscar Romero a San Salvador

Se i persecutori di mons. Romero “sono spariti nell’ombra dell’oblio e della morte, la memoria di Romero invece continua a essere viva e a dare conforto a tutti i derelitti e gli emarginati della terra”: lo ha sottolineato il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei santi, che sabato 23 maggio ha presieduto a San Salvador la solenne celebrazione per la beatificazione dell’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero Galdámez, ucciso in odium fidei il 24 marzo 1980.

Nella sua omelia il card. Amato ha sottolineato che l’“opzione per i poveri” di Romero “non era ideologica ma evangelica. La sua carità si estendeva anche ai persecutori, ai quali predicava la conversione al bene e ai quali assicurava il perdono, nonostante tutto”.

Mons. Romero non si fece scoraggiare dalle minacce di morte né dalle critiche quotidiane che riceveva, anzi andava avanti senza rancori per nessuno.

Per questo, ha sottolineato il Cardinale, non è un “simbolo di divisione, ma di pace, di concordia, di fratellanza. Ringraziamo il Signore per questo suo servo fedele, che alla Chiesa ha donato la sua santità e all’umanità la sua bontà e la sua mitezza”.

La Conferenza episcopale salvadoregna, nel messaggio pubblicato per la beatificazione di mons. Romero – intitolato Entra nella gioia del tuo Signore (Mt 25,21) – ricorda che “la morte di mons. Romero commosse il mondo”. Da allora, in questi trentacinque anni, “il cammino non è stato facile… La difficoltà maggiore è stata la manipolazione della figura e delle parole del Beato”. Per questo nel loro messaggio i Vescovi sottolineano, citando ampiamente le sue stesse parole, che Romero “fu uomo di Dio”, uomo di profonda comunione, totalmente abbandonato alla volontà di Dio.

Fu anche “uomo della Chiesa”, secondo il suo motto episcopale Sentire cum Ecclesia , a cui dedicò le quattro lettere pastorali scritte durante il suo ministero di arcivescovo.

In una di esse “spiegò ampiamente che la Chiesa esiste per annunciare e rendere presente il mistero di Cristo” e illustrò come la Chiesa che desiderava costruire in El Salvador fosse “in totale sintonia con la dottrina del Concilio Vaticano II come è stata intepretata dai documenti di Medellin”.

L’aspetto più conosciuto di Romero fu “il suo amore per i poveri e la sua completa dedizione per la promozione e la difesa della loro dignità come persone e come figli di Dio”, facendo propria l’opzione dei Vescovi latinoamericani espressa a Puebla nel 1977.

L’ultimo aspetto su cui si soffermano i Vescovi riguarda “mons. Romero testimone della fede fino allo spargimento del sangue”. Egli – scrivono – “fu assassinato perché amava i poveri, sull’esempio del suo Maestro, Gesù di Nazareth. A loro prestò la sua voce di profeta, e a loro dedicò la sua vita, rinunciando alla comoda soluzione di abbandonare il gregge e fuggire come fanno i mercenari”.

“Questo è l’uomo di Dio che a partire dal 23 maggio veneriamo come beato. La sua testimonianza ci stimoli a vivere coerentemente gli impegni battesimali. La sua parola illumini il nostro cammino di vita cristiana. La sua intercessione apra vie di riconciliazione tra noi, e ci aiuti a vincere tutte le forme di violenza, perché si stabilisca tra noi il Regno della vita, della giustizia, della verità, dell’amore e della pace”.

 

AUTORE: fonte: agenzia Fides