La fedeltà delle donne sotto la Croce e le croci del nostro tempo

La croce che contempliamo nei giorni della Passione e Morte di Gesù è affollata per lo più di curiosi e di spettatori, di cinici e macabri spioni del dolore degli altri. I discepoli si sono dati alla macchia. Restano le donne. È un dato che rischiamo di dimenticare.

Sono donne fedeli alla sequela perché lo hanno seguito dalla Galilea fino a Gerusalemme, ovvero per tutto il tempo della sua missione, e ora stanno lì a contemplare la croce col cuore e con le lacrime. La fedeltà delle donne fino alla croce, nello srotolarsi del tempo, non si è mai interrotta.

Le troviamo ancora oggi, ferme (stabat!) ai piedi delle croci dei conflitti armati che si allargano a macchia d’olio nel mondo, delle drammatiche violazioni dei diritti, della fame e degli stenti. Ne sono insieme soggetto e complemento oggetto, protagoniste e compartecipi fino a identificarsi in maniera totale e assoluta con il dolore.

Sono le Madres de Plaza de Mayo, le madri velate dei migranti africani e quelle colorate dei disperati del centroamerica, sono le madri di Gaza, di Ucraina e del Crocus City Hall di Mosca. Sono le madri dei morti sul lavoro e le vittime dei femminicidi. Le ritroveremo – mirofore – al sepolcro e nel giardino della nuova creazione al mattino di Pasqua. “quando era ancora buio” (Gv 20,1).

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