La forza della debolezza

Nel settembre di 95 anni fa diventava papa Benedetto XV, il papa dell''inutile strage'

Il 10 agosto del 1914 moriva Pio X; gli agiografi diranno ‘di crepacuore’, per quella guerra che non era riuscito ad impedire. Negli ultimi tempi, infatti, si era fatto silenzioso e triste, lui così allegro e gioviale, e ripeteva inascoltato: ‘Verrà il guerrone!’. Nel Conclave che s’aprì il 1’settembre erano presenti 57 dei 65 cardinali allora componenti il Sacro Collegio, e la questione si divise tra la scelta di un pontefice dalla politica progressista, stile Leone XIII, o uno dal pontificato squisitamente religioso, come quello del Papa defunto. Prevalse la situazione di contingenza, dettata dal clima di guerra: i cardinali diressero i loro voti sull’arcivescovo di Genova, comprendendo che in quel momento la chiesa aveva bisogno di essere guidata da un esperto diplomatico. Così il 3 settembre il card. Giacomo Della Chiesa veniva elevato sul trono di san Pietro. Assunto il nome di Benedetto XV, dette immediatamente prova di avere in pugno la situazione, dando precise indicazioni programmatiche, e nominando, pochi giorni dopo, il cardinale Ferrata, filo-francese, segretario di Stato. Vorrei porre l’attenzione sulla grande figura di questo Papa, poco conosciuto, e da alcuni relegato, a torto, tra le figure di un passato remoto. Il 6 settembre venne incoronato ma, novità assoluta, volle che la cerimonia si tenesse nella Cappella Sistina e non nella basilica di San Pietro, il tutto senza solennità, in rispetto della tempesta che si stava abbattendo sul mondo. È un momento questo dove la Chiesa mostrerà tutta la sua impotenza (il Papa era ancora un prigioniero in Vaticano, i Patti lateranensi saranno siglati solamente tra 15 anni), e allo stesso tempo tutta la sua forza. Con grande coraggio Benedetto XV seppe assumere il ruolo del profeta, pur inerme davanti alle potenze belligeranti. Fin dal suo primo messaggio, l’8 settembre 1914, stigmatizzò la guerra definendola ‘flagello dell’ira di Dio’. La vetta, la raggiunse nella nota Ai capi dei popoli belligeranti , datata l’agosto 1917 – ma in realtà spedita ai destinatari solamente il 9, dato che per il giorno stabilito il testo non era ancora ultimato – nella quale Benedetto XV si dichiarò neutrale, come segno di quella imparzialità che ‘si conviene a chi è Padre comune e tutti ama con pari affetto i suoi figli’, invitando le nazioni alla cessazione della guerra: ‘la quale ogni giorno più, apparisce inutile strage!’. Sulle esili spalle del Papa si abbatte il temporale dell’ira. Arrivarono gli insulti: dagli irredentisti che lo accusarono di essere un vile; dai francesi che, credendo l’appello influenzato dagli imperi centrali, lo apostrofarono dandogli del ‘Papa crucco’. Ma questo padre, oltraggiato e insultato, non abbandonò nessuno dei suoi figli in lotta: attraverso vescovati e nunziature, fu presente ovunque la guerra avesse devastato, recando non solo il suo conforto ma anche aiuti materiali. Il 17 ottobre del 1917 il nunzio Eugenio Pacelli visitò il campo di prigionia di Puchmein dove erano internati circa 600 soldati francesi e più di 1.000 russi. Ad ognuno di loro il rappresentante del Papa consegnò generi di conforto (come sapone, latte, cioccolato, vestiti), il tutto racchiuso in pacchi involtati con carta recante a stampa la tiara pontificia e la scritta ‘ll Santo Padre offre benedicendo’. Costituì in Vaticano l’Opera Prigionieri, attraverso la quale furono evase circa 700.000 richieste di informazioni sui dispersi, e 40.000 di rimpatrio, mantenendo, fin quando poté, i contatti tra i soldati al fronte e le loro famiglie. Il mondo intero dovette inchinarsi davanti al Papa. Nel 1920 i turchi gli innalzeranno una statua ad Istanbul, nella quale verrà salutato come ‘il grande Papa della tragedia mondiale… il benefattore dei popoli, senza distinzione di nazionalità o di religione’. Anche veniva irriguardosamente apostrofato ‘il piccoletto’ dai guerrafondai, che credevano la legge del cannone più forte della legge di Dio. Benedetto XV, solo come Gesù nell’orto degli ulivi, non aveva mai smesso di levare la sua voce contro quella ‘inutile strage’.

AUTORE: Umberto Benini