La soluzione è nell’educazione

Riprendono gli articoli dedicati all’emergenza educativa, scritti appositamente per La Voce

Osservando la realtà sociale e culturale di questo nostro mondo, spesso ci troviamo a riscontrare – assieme anche a tanti esempi di bontà e disponibilità – atteggiamenti d’indifferenza e di mancanza di senso civico. Eppure, quasi tutti abbiamo frequentato una scuola ed abbiamo acquisito un minimo d’istruzione. Ed allora perché, ancora, tanti fenomeni di disaffezione, disinteresse e maleducazione? Quello che conta è riflettere sul perché, nella nostra realtà tecnologicamente avanzata, riscontriamo anche fenomeni di regressione sul piano sociale e morale. Parliamo della mancanza di rispetto, disponibilità e collaborazione, elementi fondamentali per la diffusione – in ogni ambiente – di quei principi democratici che dovrebbero ispirare ogni ambiente sociale, dal mondo della scuola al mondo del lavoro. La prima considerazione da fare riguarda la relazione che ci deve essere fra istruzione e educazione. Essere istruiti non significa, di per sé, essere educati. Se a scuola l’insieme degli apprendimenti non convergono sulla formazione umana, allora si rischia di sommare tanti saperi disciplinari che, nel loro insieme, non producono un’adeguata educazione, non contribuendo a formare la persona nel suo insieme. Il primato deve sempre essere dato all’educazione. Solo in tal modo il fine può essere quello della formazione umana. Se l’istruzione è paragonabile al corpo e l’educazione all’anima, la formazione rappresenta lo spirito. Come lo spirito rappresenta la continua sintesi fra anima e corpo, così lo è la formazione fra istruzione e educazione. In tale ottica bisogna riflettere sul fatto che la somma di conoscenze non produce conoscenza. La conoscenza è un atto che solo il soggetto che apprende può compiere. Il conoscere richiede uno sforzo intellettuale, che va saputo sollecitare, permettendo intuizioni di pensiero e nessi logici. A questo sono deputati tutti coloro che si sentono educatori, gli insegnanti in testa. Compito principale è facilitare le diverse forme dell’apprendere, tutte basate sulla capacità di attribuire significati e di formulare giudizi. Su questo devono poter convergere tutti coloro che si sentono investiti, in un modo o nell’altro, della funzione di educatori. L’apprendimento deve poter produrre l’espansione della coscienza, che da semplice coscienza percettiva deve farsi riflessiva ed, infine, etico-razionale. Saper riflettere, saper valutare e saper giudicare come risultanti di esperienze interiori, che tutte assieme permettano il costituirsi di un’adeguata sensibilità verso i problemi che ci riguardano come cittadini e come esseri umani compartecipi di questo bene comune che è la nostra Terra. Per tutto ciò, educare non significa semplicemente far adeguare al sistema di vita in vigore, come l’istruzione non è far assimilare nozioni. Educare è aiutare ogni persona, per primi noi stessi, a tirar fuori ciò che abbiamo dentro di bello e di buono; significa permettere alle predisposizioni di manifestarsi, sviluppandole in capacità, così da far sì che diventino competenze. Educare significa sollecitare la formazione del senso critico, che va saputo promuovere attraverso l’osservazione, la riflessione e lo sviluppo delle facoltà di considerare, dedurre e valutare; significa mettere in contatto con un mondo di valori, in grado di attrarre ed avvincere. La persona responsabile e il cittadino partecipe ne sono l’effetto. Tutto ciò deve poter essere considerato e valorizzato. Di questo dobbiamo essere consapevoli, come cittadini interessati al bene comune della nostra vita collettiva. Ed è per questo che bisogna attribuire grande attenzione al sistema formativo e pretendere che lo Stato e le istituzioni lo pongano, assieme alla sanità, al primo posto della considerazione sociale. Conseguentemente, le famiglie vanno sapute aiutare in tutti i modi nella loro opera educativa, che deve poter essere supportata e coadiuvata da servizi adeguati e diffusi. La scuola deve poter essere sostenuta e valorizzata, iniziando dalla serenità dei docenti – costretti troppo spesso a precariati snervanti e demoralizzanti -, sino al potenziamento di tutto ciò che la può rendere autenticamente formativa.Non si tratta solo di maggiori investimenti, ma soprattutto di incentivare tutto ciò che può produrre autentica formazione. Devono poter essere valorizzati corsi di formazione adeguati, rivolti anche ai genitori. Si devono poter creare le condizioni per diffondere la buona pratica della peer education, consistente nell’aiutare i giovani a farsi loro stessi promotori di educazione fra i loro coetanei. Si devono aiutare tutti quei movimenti e quelle situazioni di animazione – ivi comprese quelle oratoriane e sportive – che possono permettere ai giovani, oltre a forgiare il carattere, di acquisire anche capacità sociali e virtù relazionali. È all’interno di tale impostazione che l’esemplarità evangelica può acquistare rilevanza e credibilità. La carità, l’amorevolezza e la ricerca di giustizia, in ogni situazione ci si venga a trovare, può rappresentare la via per l’evangelizzazione di ambienti e di relazioni umane. Solo un Vangelo testimoniato può attrarre e convincere.Ci si deve rendere conto che ciascuna famiglia, ogni scuola, qualsiasi luogo d’animazione rappresenta un ambiente educativo. Lo è, tuttavia, non di per sé, ma in quanto ispirato da precise finalità e permeato da intenzionalità formativa. Così, un insegnante educa istruendo, un genitore educa ammaestrando, un animatore o allenatore educa addestrando. Tutti, pero, debbono poter riflettere su come il fine educativo deve poter riflettersi nei mezzi che si usano. Da qui l’importanza della coerenza degli educatori, della testimonianza e soprattutto del modo col quale ci si relaziona ad allievi e figli: tutti da considerare come persone, che nei diversi contesti sono chiamate a significativi apprendimenti e idonei atteggiamenti d’impegno, lealtà e cooperazione. Da qui il valore e la funzione della comunità, da intendersi e viversi come il luogo privilegiato della partecipazione e della cura. È in tale situazione che si può sviluppare l’arte dell’ascolto, del dialogo e della conversazione, come comune impegno da parte di tutti. La relazione assume in tal senso un ruolo centrale. Si tratta di una relazione non semplicemente tra persone che vengono a far parte di un comune luogo d’apprendimento, ma di persone che vanno a costituire, giorno per giorno, una comunità educativa – basata sullo studio, sul lavoro o sul gioco, a seconda delle principali finalità di un ambiente educativo – ma sempre permeata da un’atmosfera di rispetto, condivisione e collaborazione. Da qui la speranza per questa nostra realtà sociale, dove la soluzione a tanti problemi di alienazione ed emarginazione è da ritrovarsi, appunto, nell’attenzione e nel valore che dobbiamo sempre più attribuire all’educazione.

AUTORE: Gaetano Mollo