Le parole ai funerali di Silvio Berlusconi e Flavia Franzoni

Nei giorni scorsi ci sono stati due funerali: quello di Silvio Berlusconi a Milano, quello di Flavia Franzoni Prodi a Bologna, celebrati dai rispettivi arcivescovi. Alcuni commentatori hanno messo a confronto le omelie pronunciate dai due celebranti, certamente molto diverse per i contenuti e i toni. Ci si chiede se quella diversità rispecchi le personalità e le storie dei due ecclesiastici, o piuttosto quelle dei due defunti. Da parte mia sono per la seconda soluzione.

Il card. Zuppi ha detto che la signora Flavia aveva vissuto “l’amore vero, quello che non si vende e non si compra” e che “aveva guardato il mondo dal punto di vista dei poveri, e non viceversa”; non sarebbe stato umanamente possibile dirlo di Berlusconi. Lui (il vescovo Delpini non lo ha detto, ma lo sanno tutti) si è sempre comportato come chi pensa che, se si ha denaro a sufficienza e c’è chi è disposto a vendere, è moralmente lecito comprarsi qualsiasi cosa: anche i favori di una donna o la sentenza di un giudice (per aver corrotto un giudice, dovette pagare un risarcimento di 500 milioni di euro).

Mons. Delpini non gli ha attribuito virtù che non aveva, tipo l’umiltà e la fedeltà coniugale; e non ha contrabbandato i suoi vizi per virtù. Ha detto che è stato un uomo che, come è proprio degli uomini, aveva desiderio di vivere, di godersi la vita, di piacere, di amare e di essere amato, di avere successo negli affari (badando ai risultati e non “ai criteri”: così ha detto testualmente l’arcivescovo; forse, dicendo “criteri”, intendeva le regole). Ed ha concluso: ora quest’uomo è al cospetto di Dio. E intendeva dire: Dio lo giudicherà.

Che altro si poteva chiedere che dicesse un vescovo, in quella sede solenne dei funerali di Stato, con quell’uditorio? Doveva misurare le parole per non tradire la verità, presentando il defunto come un santo; e nello stesso tempo, per non pronunciare giudizi severi che sarebbero stati fuori luogo. Il card. Zuppi invece non aveva questi problemi. Poteva parlare della defunta come di un luminoso modello di altruismo, generosità, impegno civile, riserbo, spirito di servizio, senza paura di esagerare. In conclusione: davanti alla morte siamo tutti uguali, ma è anche vero che ci sono modi troppo diversi per vivere la propria vita, e ciascuno verrà ricordato per come ha vissuto la sua.

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