L’imbroglio del testamento biologico

Fine vita. Inutili e illegittimi i registri comunali per le Dat

Sta prendendo sempre più piede l’iniziativa, da parte di alcuni enti locali, di istituire appositi registri comunali atti a raccogliere le dichiarazioni dei cittadini di testamento biologico (le cosiddette “Dichiarazioni anticipate di trattamento” – Dat). Le questioni poste da tali ordini del giorno sono molteplici, specie con riguardo all’incompetenza degli enti territoriali in tale materia (il “fine vita”) e alla sostanziale inutilità di detti registri. Ciò svela la loro reale natura di operazioni per lo più politiche e ideologiche, volte a introdurre surrettiziamente nell’ordinamento civile presunti diritti non riconosciuti, una forzatura politica, per “dare un segnale” al Parlamento che sta decidendo in merito. Queste operazioni – nell’assoluta incertezza in ordine alla loro effettiva operatività e legittimità nell’ordinamento giuridico vigente – paiono rappresentare un grave torto fatto agli stessi fruitori del servizio di registrazione che, in buona fede, ritengono di accedervi pensando realmente di presentare valide dichiarazioni testamentarie sulla propria vita, pur difettando degli essenziali elementi richiesti dalla legge. Ecco alcuni elementi di illegittimità e di inutilità di tali registri. Ai sensi dell’art. 13 del Testo unico enti locali (D. lgs. 267/2000), al Comune spettano le funzioni amministrative (solo amministrative) che riguardano la popolazione e il territorio comunale (c’è quindi vincolo territoriale), precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell’assetto e utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. Quelle di registrazione delle Dichiarazioni non sono funzioni amministrative. Queste ultime infatti presuppongono dei criteri normativi di esecuzione (tant’è che si parla di “funzione dell’attuazione dell’ordine normativo in via di amministrazione”). In secondo luogo, non si tratta di funzioni connesse e limitate all’ambito territoriale. Si pensi a quale grado di confusione si potrebbe determinare se ogni Comune decidesse i requisiti e le modalità di formazione e di tenuta di detti registri. Si produrrebbero (altro che disparità) vere e proprie discriminazioni, tra i residenti di un paese e quelli di un altro a distanza di pochi chilometri. Stupisce che certi commentatori, sempre attenti a problemi di discriminazione, qui non ne intravedano alcuno. Non v’è dubbio che i registri debbano procedere attraverso i servizi di stato civile e siano sostanzialmente un servizio collegato. L’art. 117 della Costituzione assegna alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in via generale l’ordinamento civile e specificatamente le materie di stato civile e anagrafe. Ebbene, in questo settore, l’apposita legislazione statale stabilisce che le relative funzioni amministrative sono esercitate dal sindaco, in qualità di ufficiale di stato civile. Si tratta cioè “non di funzioni comunali proprie”, bensì delegate dallo Stato. Ora, non possono essere utilizzati servizi di competenza statale se non per le finalità e con le modalità previste da legge statale. Qui si verrebbe invece a realizzare un servizio di stato civile aggiuntivo, indipendentemente da previsioni statali! Inoltre, un registro di tal fatta pare del tutto inutile giuridicamente. Indipendentemente dalla raccolta di queste Dichiarazioni, esse difficilmente potranno poi essere tenute in considerazione e rispettate dall’ordinamento giuridico, per mancanza degli elementi minimi di correttezza di formazione e di registrazione della volontà, oltreché di privacy. Come minimo, si dovrebbe assicurare un servizio a ciò destinato sempre aperto al pubblico, in quanto ciascuno dovrebbe avere la possibilità di modificare, rettificare, cambiare, stravolgere la propria Dichiarazione in qualunque momento (anche un secondo prima di venire a mancare). Come ci si comporterebbe davanti ad una Dichiarazione rilasciata in Comune, di tenore diverso e opposto rispetto a quella pronunciata chiaramente in altra sede? E davanti ad una dichiarazione che fosse non conforme a quanto prevederà una futura legge? Chi assicura l’autenticità della dichiarazione? È mai possibile che un testatore sia meglio garantito rispetto ai propri beni, che rispetto alla propria vita?

AUTORE: Stefano Spinelli giurista