In mezzo a tante notizie dolorose e allarmanti dalle guerre in corso in varie parti del mondo, possono sembrare futili quelle che riguardano, invece, i contrasti fra il nostro Governo e alcuni magistrati periferici in materia di stranieri. Ma, nel suo piccolissimo, questa diatriba fra la politica e la giustizia ci tocca da vicino. Tutti si chiedono: fino a che punto i giudici di professione sono liberi di avere le loro idee politiche e manifestarle in pubblico? O anche: una persona che ha idee politiche molto nette può essere un buon giudice?
Prima di tentare una risposta, voglio limitare la questione e sdrammatizzarla. Non è umanamente possibile, e forse non è nemmeno desiderabile, che una persona che fa il giudice non abbia le sue opinioni in materia di politica, di religione, o altro. L’importante è che non se ne faccia condizionare mentre giudica; deve essere indipendente da tutto, anche dalle proprie idee.
Non è nemmeno tanto difficile. In uno Stato di diritto come il nostro il giudice non ha margini di autonomia che gli consentano di giudicare secondo le sue imperscrutabili sensazioni e i suoi preconcetti: il suo mestiere consiste nell’individuare la legge da applicare nella situazione data, interpretarla correttamente tenendo conto dei precedenti e delle osservazioni delle parti in causa, trovare la soluzione adeguata al caso specifico, infine spiegare – in ciò consiste la motivazione – come e perché sia giunto a quelle conclusioni.
In un ordinamento giuridico ideale, ben costruito, lo stesso caso sottoposto a cento giudici diversi dovrebbe trovare cento volte la stessa soluzione. Infatti lo Stato di diritto si basa, fra l’altro, sulla certezza del diritto, cioè sulla possibilità di prevedere quella che sarà la decisione del giudice, chiunque sia e come la pensi. Quindi, davanti a una sentenza, dovremmo chiederci solo se sia corretta dal punto di vista logico e giuridico.
Abbiamo gli strumenti per farlo, beninteso conoscendo il caso e studiandolo come ha fatto – o dovrebbe averlo fatto – il giudice. Davanti alle sentenze dei giudici siciliani sugli stranieri richiedenti asilo, è fuori strada tanto la gazzarra di quelli che le screditano perché emesse da giudici schierati politicamente, quanto l’applauso di quelli che per la stessa ragione le esaltano. Anche perché nel merito le questioni erano complesse; troppo, per lo spazio che ho qui.