Mai la Parola senza lo Spirito

Esercizi spirituali per i sacerdoti umbri, guidati da Enzo Bianchi

Al termine dell’anno pastorale, prima di andare in vacanza o, per meglio dire, prima di affrontare le attività estive, i preti dell’Umbria ogni anno fanno una giornata di spiritualità, che si svolge con la preghiera dell’ora media, una lunga meditazione, riflessioni condivise, uno spazio per confessioni individuali, una grande e solenne concelebrazione eucaristica e un momento di convivialità. Vi partecipano i Vescovi umbri (quest’anno c’erano tutti), quasi tutti i preti diocesani, alcuni religiosi incaricati di uffici pastorali, alcuni diaconi. L’ambiente non potrebbe essere migliore: la Casa del pellegrino e il santuario dell’Amore misericordioso di Collevalenza. Quest’anno l’incontro si è tenuto il 17 giugno, e ha coinciso con la conclusione dell’Anno sacerdotale. A tenere la meditazione è stato Enzo Bianchi, monaco non sacerdote, priore del monastero di Bose da lui stesso fondato, un uomo tra i più conosciuti del mondo religioso non solo italiano, e apprezzato anche dal mondo laico. Aperto al dialogo e al confronto con il mondo dei non credenti, Enzo Bianchi ha incentrato la spiritualità del suo monastero e della sua proposta ecclesiale sulla lectio divina, di cui è stato in Italia uno dei principali promotori, insieme al card. Martini. L’argomento trattato da Enzo Bianchi è stato “La Parola di Dio nella vita del presbitero”. Una lunga, brillante e incisiva esposizione, con molte citazioni bibliche e patristiche secondo lo stile monastico e secondo le indicazione del Concilio. Una precisazione utile per leggere con sapienza la Parola di Dio è quella di considerarla “contenuta” nella Bibbia, senza farne una totale identificazione. Ha sottolineato il temine “contenuta” per dire che non tutti i libri della Bibbia la contengono in modo uguale. È diversa la “condensazione” della Parola di Dio nei Vangeli rispetto ai libri della Bibbia ebraica. Sul libro del Levitico, ha detto a modo di esempio, sarà molto difficile fare una lectio divina. Non si dica che tutta la Bibbia è Parola di Dio, perché così si cade nel fondamentalismo. Il cristianesimo non è una religione del Libro, ma di una persona che è Gesù Cristo, il quale è la Parola che giudica e dà senso ad ogni altra parola, anche se contenuta nella Bibbia. Non è è certo da accolgiere come voluta da Dio la legge dello sterminio, che è in piena contraddizione con l’insegnamento di Gesù. Il presbitero si deve sentire “affidato alla Parola”, nella quale trova luce e sostegno, insieme allo Spirito che la rende intelligibile e viva. “Parola e Spirito vanno sempre insieme e non devono mai essere separati” – ha detto Bianchi. La Parola senza lo Spirito diviene lettera morta, lo Spirito senza la Parola porta al sentimentalismo e arbitrio. Il discorso, fluido e incisivo, ha arricchito l’assemblea dei presbteri che hanno poi fatto domande sulla vita concreta del prete. La spiritualità del prete secolare, ha detto Bianchi, non deve essere elemosinata qua e là da fonti devozionali e mistiche, ma desunta dal suo carisma e dal suo stesso ministero, da ciò che annuncia, che deve essere annunciato a se stesso, da ciò che celebra, con intima partecipazione e consapevolezza, dall’incontro con i fedeli e con i lontani, con i poveri e i malatti. Tutta questa ricca esperienza di vita va interiorizzata e resa strumento di edificazione e santificazione personale. In questa parte della comunicazione di Bianchi è scattato un applauso di approvazione, forse di liberazione dall’assillo, spesso suggerito o proposto al presbitero, di assumenre una spiritualità… come se ne fosse privo.