Medio Oriente nel sangue

La carneficina israelo-palestinese di questi giorni è il prodotto di una spirale di violenza che dura ormai da 75 anni. Sangue chiama sangue. L’attacco terroristico del 7 ottobre è da condannare senza esitazione, ma rispondere con la vendetta al terrorismo sanguinario e crudele di Hamas non risolve la questione, l’aggrava e serve esclusivamente a prolungare il conflitto.

Se anche la risposta violenta riuscisse a neutralizzare tutte le cellule di terrorismo e a salvare il maggior numero di ostaggi, si porrebbero comunque le basi per l’odio e la violenza di domani. Sono ragioni sufficienti per far comprendere al mondo intero che non si può continuare a fare da spettatori, e che la comunità internazionale è l’unico soggetto con la titolarità e la forza per trarre quelle popolazioni fuori dalla logica della violenza e avviare a una soluzione pacifica. In questa direzione vanno gli appelli del Papa e le dichiarazioni dei Patriarchi e dei capi delle Chiese di Gerusalemme.

E noi non possiamo che unirci alla preghiera, alimentare la speranza, sottrarci al linguaggio della violenza, e continuare a credere nel dialogo anche quando sembra lontano e difficile.

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