Mons. Ronchi ha festeggiato insieme a 31 sacerdoti il suo 50°

Il vicario mons. Sgoluppi ha ricordato le molteplici esperienze pastorali del Vescovo

Le tante persone presenti in Cattedrale domenica scorsa alla celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo, mons. Pellegrino Tomaso Ronchi, dicono – più di tutto – l’affetto che la gente della diocesi di Città di Castello nutre per il suo pastore. Il Vescovo celebrava il suo 50’anno di ordinazione sacerdotale. In verità l’anniversario cadeva il 21 marzo scorso, ma mons. Ronchi ha voluto celebrarlo nel giorno della solennità dei santi Pietro e Paolo per vivere l’evento come festa della famiglia diocesana. Con lui erano festeggiati altri 31 sacerdoti, tutti ordinati nei giorni che vanno dal 22 al 30 giugno. In modo specialissimo con mons. Ronchi erano presenti a ricordare il 50’padre Giorgio Catalani, mons. Domenico Renzini, mons. Luigi Guerri, don Sante Trottini e don Franco Pulcinelli dell’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve; mons. Beniamino Schivo festeggiava il 70’di ordinazione, mentre mons. Rolando Magnani il 75′ Mons. Franco Sgoluppi, vicario generale della diocesi di Città di Castello, ha portato, anche a nome dei numerosi preti e diaconi presenti, il saluto iniziale ed ha ricordato, tra l’altro, le molteplici esperienze che hanno portato ‘il nostro Vescovo a contatto continuo con persone, realtà, culture le più varie tra loro, dando così caratteristiche ben precise alla sua persona: capacità di ascolto, rispetto per ognuno, valorizzazione del bene e del positivo di cui ognuno è depositario. Anche il ministero pastorale è caratterizzato da questo stile: comprensione, rispetto per la diversità, apertura a tutti’. Durante l’omelia, mons. Ronchi ha fatto proprio il canto del Magnificat. ‘È questo canto gioioso che sgorga quotidianamente anche dal mio cuore a Dio nell’avermi fatto cristiano; nell’avermi privilegiato a seguirlo nello stile di vita di Francesco d’Assisi con i voti di obbedienza, povertà e castità; nell’avermi stretto a sé con un vincolo di amore nel sacerdozio con il Sigillo dello Spirito Santo’. A questi doni va aggiunto anche quello dell’episcopato, conferito a mons. Ronchi da Giovanni Paolo II 18 anni fa. Il ministero che svolge il prete deve essere impregnato di ‘amore’. Questa parola, ha ricordato il Vescovo, spesso ‘è banalizzata e svuotata del suo contenuto genuino. In tanti comportamenti non c’è amore vero perché abbiamo dimenticato l’umiltà, il dovere del servizio reciproco, il dovere di inchinarci davanti al nostro prossimo e lavargli i piedi, come ha fatto Gesù. Dobbiamo, cioè, farci prossimi agli uomini e alle donne che vivono situazioni di frontiera: i malati e i sofferenti, i poveri, gli immigrati, le tante persone che faticano a trovare ragioni per vivere e sono sull’orlo della disperazione, le famiglie in crisi e in difficoltà materiale e spirituale’. Mons. Ronchi ha continuato la sua meditazione ricordando che oggi il mondo si sta impoverendo non tanto perché diminuisce la disponibilità di acqua, alimenti, verde ed ossigeno; piuttosto ‘il mondo sta diventando sempre più povero perché tristemente sta venendo meno l’amore, nel suo significato di pazienza, mansuetudine, umiltà, perdono, portare i pesi gli uni degli altri’. In questo contesto si comprende ancor più cosa significa che il Vescovo e i sacerdoti sono le guide del popolo: ‘sono coloro che devono andare avanti, come il buon pastore, indicando con la parola e con la testimonianza della vita il cammino da percorrere’. Per fare questo è fondamentale che vescovi e sacerdoti affrontino la complessità del mondo in armonia di pensieri e di impegno, sotto la guida del successore di Pietro, ‘che è la roccia su cui Cristo ha edificato la sua Chiesa’. Vescovi e sacerdoti devono anche tenere ben a mente la dignità di ogni persona, chiamata da Dio ad una vocazione; ciò significa che ‘nessuna vita è inutile’, anzi ognuno ha un seme di bene da gettare nel mondo: seme unico, necessario, irrepetibile. ‘La propria vocazione – ha concluso mons. Ronchi – va vissuta con umiltà, mansuetudine, pazienza: l’arroganza infatti non costruisce, l’orgoglio divide e fa soffrire, l’egoismo nasconde Dio e conduce lontano da Lui’. A nome dei sindaci delle comunità civili comprese nel territorio della diocesi tifernate, Fernanda Cecchini, sindaco di Città di Castello, ha portato il saluto della comunità civile al Vescovo. La presenza dei sindaci – ha ricordato – è un atto di rispetto e di ‘devozione laica’ verso colui che guida la comunità religiosa. La Cecchini ha sottolineato, tra l’altro, la capacità del Vescovo ad entrare in dialogo con tutte le nostre realtà sociali.

AUTORE: Francesco Mariucci