In pensione più tardi? È il male minore

Quando certi eventi collettivi si ripetono in anni diversi e in luoghi diversi, ma con caratteristiche simili, bisogna pensare che le coincidenze non sono casuali e che c’è in problema profondo. Sto parlando delle agitazioni di piazza in Francia, contro la decisione del Governo di alzare l’età della pensione da 62 a 64 anni; fatto che ricorda le rivolte dei “gilet gialli”, sempre in Francia, e, in Italia, le agitazioni e le durissime polemiche contro la legge Fornero e questioni analoghe.

In tutti questi casi, pur con tante differenze, c’è un comune elemento di fondo. Sono piccoli segni di crisi dello “stato sociale”, o “stato del benessere”, quel modello di Stato che – parlandone con qualche approssimazione – si è affermato nell’Europa occidentale a partire dalla metà del Novecento. Un modello di Stato che, per la prima volta nella storia, si assume il compito di garantire a tutti i cittadini – non importa se ricchi o poveri per nascita e per le vicende della vita – un certo livello di benessere (welfare) dalla culla alla tomba.

In questi decenni, dove è stato tentato, lo stato sociale ha raggiunto risultati discreti, anche se ben lontani dalla perfezione. Però, mentre crescevano i risultati, e si espandeva il numero dei beneficiari, crescevano molto di più, e più velocemente, anche i costi. Sicché, se si vuole mantenere l’impianto complessivo del sistema sociale, da qualche parte bisogna stringere. Uno dei punti dolenti è quello delle pensioni. È sacrosanto che gli anziani, dopo una vita di lavoro, si godano la loro pensione.

Ma a quale età un lavoratore diventa troppo anziano per continuare a lavorare? La risposta che possiamo dare oggi forse non è la stessa che si dava trenta o quaranta anni fa. I progressi della medicina consentono una vita pienamente attiva – fisicamente e mentalmente – ben oltre i limiti che fino a qualche anno fa apparivano invalicabili. Poi c’è l’allungamento generalizzato della vita.

Tutte belle notizie; ma pesano sui bilanci della previdenza pubblica, che valgono un po’ meno di un quinto del prodotto interno lordo. Di questo passo, quanto potrà reggere lo stato sociale? E fin qui abbiamo parlato di pensioni, non di quell’altro fronte caldo che è la sanità. Alzare un po’ l’età pensionabile, cari italiani e cari francesi, sarà il sacrificio minore che vi toccherà sopportare.

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