Per il clima si sta facendo ancora molto poco

“Sotto la neve pane, sotto la pioggia fame”. Questo antico proverbio voleva dire che, se in inverno piove troppo sui campi seminati a grano, il raccolto sarà scarso; invece la neve porterà buoni raccolti. Quel detto esprimeva la saggezza e la rassegnazione di una umanità che aspettava il suo cibo frugale dal raccolto dei campi – lavorati faticosamente tutto l’anno – e sapeva quanto tutto dipendesse dal tempo favorevole o avverso.

Il cambiamento climatico sta mettendo in pericolo la sopravvivenza del genere umano

Adesso il grano lo facciamo venire dal Canada, abbiamo i termosifoni d’inverno, l’aria condizionata d’estate e del tempo non ce ne importa, almeno fino a che un tornado non ci scoperchia le case. Invece dovremmo preoccuparcene moltissimo, perché il cambiamento climatico sta mettendo in pericolo la nostra stessa sopravvivenza come genere umano.

Un grado in più è la media planetaria per tutto l’anno

È un pensiero troppo inquietante per essere sopportabile, perciò tutti cerchiamo di tranquillizzarci dando ascolto ai negazionisti, quelli che dicono che il caldo torrido a luglio c’è sempre stato e che un grado in più non fa niente. Quello che ci sfugge è che a segnare un grado in più non è la temperatura di casa nostra per un giorno, è la media planetaria per tutto l’anno; in altre parole, non è che fa troppo caldo a Roma: fa troppo caldo al Polo Nord – e anche al Polo Sud, naturalmente.

L’aumento della anidride carbonica (CO2)

Si sciolgono i ghiacci polari e quelli delle montagne, si alterano fenomeni climatici che sembravano immutabili da millenni, ne risente la biologia degli animali marini e di quelli terrestri, ne risente la vegetazione spontanea non meno che quella delle coltivazioni agricole. Tutto questo dipende da diversi fattori, ma il più importante è l’aumento dell’anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera. E questo dipende essenzialmente dalla combustione del petrolio e del carbone.

Per il clima si sta facendo molto poco

Vediamo qualche cifra: i Paesi più poveri del mondo immettono ogni anno nell’atmosfera circa 0,2 tonnellate di CO2 pro capite; l’Italia ne immette 5 tonnellate, la Cina 7, gli Stati Uniti 14. Per salvare il clima si dovrebbe tornare, tutti e subito, al livello più basso, e l’effetto utile non sarebbe immediato. C’è una convenzione internazionale (il Protocollo di Kyoto, 1997) che teoricamente impegna tutti gli Stati del mondo a farlo, sia pure gradualmente, ma di fatto ben poco è cambiato.  Intanto gli sconquassi climatici aumentano. Davvero dobbiamo invidiare i nostri vecchi contadini che si auguravano la neve sui campi di grano.

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