Perseveranza nella fede garanzia di salvezza

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Oscar Battaglia XXXIII Domenica del tempo ordinario - anno C

Il brano del Vangelo inizia con la constatazione della precarietà di tutte le costruzioni umane e termina con l’invito alla perseveranza nell’impegno cristiano di vita. Nella storia tutto passa, nulla resiste all’usura del tempo. Il mondo è pieno di rovine. I grandi monumenti delle civiltà antiche sono ridotti a resti archeologici fotografati dai turisti, che cercano di indovinare le splendide forme che li rivestivano. I grandi imperi del passato sono ormai ricordi lontani, presenti solo nei libri di storia; molti di essi nessuno li ricorda più perché non hanno lasciato traccia. Il libro biblico di Qohelet ha cantato con profonda nostalgia la volubilità delle cose umane, e ne ha inculcato il disincanto con il suo celebre ritornello: “Vanità delle vanità, tutto è vanità”.

A questa instabilità materiale e sociale delle cose terrene si aggiunge oggi il disimpegno e la provvisorietà delle scelte fatte nella nostra società. Sembra che sia impossibile avere idee, affetti e sentimenti che durino e sfidino il pur breve spazio delle vita. Possono allora suonare strane ed estemporanee le parole di Gesù che chiudono il brano: “Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime” o quelle equivalenti: “Chi persevererà fino alla fine, sarà salvato” (Mt 10,22). La perseveranza nelle scelte e nell’impegno è dunque virtù cristiana indispensabile in tempo di crisi come il nostro, che produce montagne di spazzatura e cataste di fallimenti umani. L’ammonimento divino è contenuto nel discorso escatologico, cioè il discorso di Gesù sugli eventi ultimi della storia e della vita umana sulla terra. La Chiesa ce ne propone un brano in questo scorcio di anno liturgico che sta per terminare. La fine di ogni anno, anche quello della liturgia, invita a riflettere sul significato della storia e dell’esistenza.

È prudente saggezza, perché abbiamo una sola vita da spendere e, fallita questa occasione, è fallito tutto. Lo spunto al discorso è fornito a Gesù da anonimi ascoltatori che ammirano estasiati le bellezze del tempio di Gerusalemme, dove il Signore sta parlando. La loro sensibilità artistica è raccolta da Gesù, che la condivide, ma avverte subito realisticamente: “Verranno giorni in cui di tutto quello che ammirate non resterà pietra su pietra”. Chi visita oggi la spianata del tempio di Gerusalemme, occupata dalle due moschee islamiche, constata che della splendida costruzione ristrutturata con grande magnificenza da Erode il Grande dal 19 al 10 a.C. non resta più nulla nel modo più assoluto. Luca distingue con maggiore precisione, nel discorso escatologico, il tema delle fine di Gerusalemme – avvenuta nel 70 d.C. ad opera dell’esercito romano di Tito, figlio dell’imperatore Vespasiano (69-79) dal tema della fine del mondo, di impossibile datazione e descrizione. Ciò è dovuto al fatto che egli può citare le profezie che si sono già realizzate, o che sono in corso di realizzazione nel tempo in cui scrive il suo Vangelo, quando già si preparavano o erano in corso la guerra giudaica e la storia della Chiesa.

Per lui quelle profezie erano la garanzia del futuro, decisivo intervento di Dio nella storia per liberare il suo popolo e rinnovare il mondo. Qui però tutto rimane nel vago, e le immagini simbolo sono prese dal repertorio classico dei profeti, che avevano annunciato l’avvento del “giorno del Signore”. Proprio per questa impossibilità di conoscere gli eventi ultimi, sovrapposti nella visione profetica a quelli recenti, Gesù non risponde alla domanda sul quando e sul come avverranno. La descrizione che segue riguarda dunque il tempo della Chiesa apostolica, che Luca descriverà poi, in dettaglio, nel libro degli Atti degli apostoli. Tre sono gli eventi annunciati nel prossimo futuro che seguirà la Pasqua: la comparsa di falsi profeti, il sopravvenire di rivoluzioni e di catastrofi naturali, la persecuzione della Chiesa. La comparsa di falsi profeti, che eccitarono gli animi e scatenarono la febbre nazionalistica degli ebrei all’origine della guerra giudaica, è descritta con precisione dallo storico Giuseppe Flavio, direttamente coinvolto negli eventi che narra.

Una sintesi è fatta da rabbi Gamaliele al Sinedrio, riunito per decidere la sorte di Pietro e Giovanni sorpresi a predicare nel tempio (At 5,35-39). Gesù esorta a non ascoltare questi improvvisati Messia e a non aver paura di loro. Sono personaggi di tutti i tempi, anche dei nostri. La lunga vicenda della guerra giudaica (66-70) è poi descritta brevemente con l’annuncio di rivoluzioni, ribellioni e guerre, e si chiude con l’invito a non farsi terrorizzare. I terremoti, le carestie e la peste erano mali ricorrenti in quel tempo (At 11,27-30). Meno scontato poteva essere l’annuncio della persecuzione dei cristiani. Qui la descrizione si fa più dettagliata, ricalcando la storia narrata da Luca negli Atti, con protagonisti Pietro e Giovanni (At 5,17s), Stefano (6,12s; 7,55s), i cristiani di Gerusalemme e di Damasco perseguitati da Saulo (8,1s), Pietro e Giacomo (12,1s).

La stessa persecuzione continuerà poi nella missione di Paolo, preso di mira da giudei e pagani. Gesù assicura a tutti la sua vicinanza, e la sua difesa e la sua protezione. Nessuno è abbandonato a se stesso nella sua testimonianza di fede (martyrìa). Lo Spirito santo promesso veglierà su tutti (Gv 15,26s) e renderà efficace e inarrestabile la diffusione della Parola. Alla persecuzione delle autorità giudaiche e romane si aggiungerà la divisione e la persecuzione all’interno delle famiglie. Tutte cose che Gesù aveva già annunciato ai suoi discepoli nel corso della sua predicazione (Lc 12,51-53), con l’aggiunta sconcertante: “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome”. Egli non ha mai illuso i suoi seguaci, prospettando loro un’esistenza tranquilla e pacifica. Già la vita è difficile per tutti, ma per i cristiani lo è ancora di più per il loro impegno che contrasta le convinzioni e lo stile della società pagana in cui sono immersi. Perciò da loro si richiedono decisioni definitive e convinte, la perseveranza e la costanza nella fede. Solo con queste premesse è assicurata loro la vita eterna (At 14,22). Sono insegnamenti più che mai attuali in tempi di instabilità psicologica come i nostri.

AUTORE: Oscar Battaglia