Protesta sì, ma c’è modo e modo

Non entro ora nel merito delle questioni dibattute fra la ministra Roccella e le sue contestatrici che, di fatto, le hanno impedito di svolgere e concludere il suo intervento programmato al Salone del Libro di Torino. La ministra era stata invitata dagli organizzatori a presentare un suo libro nel quale illustra il suo passaggio dalla militanza nel partito radicale alle posizioni attuali che le hanno meritato l’incarico di Ministro per la Famiglia e la Natalità – contraria all’aborto libero ed alla maternità surrogata. Qui non entro, ripeto, nel merito; voglio parlare invece dell’episodio in sé.

Le contestatrici esercitavano il loro legittimo diritto al dissenso?

Le contestatrici esercitavano il loro legittimo diritto al dissenso, come è stato detto da autorevoli esponenti della sinistra? Secondo me, no. Certamente in una democrazia il diritto al dissenso è sacrosanto, anzi senza dissenso libero non c’è democrazia. Ma da questo punto di vista l’Italia è uno dei paesi più liberi che si possa immaginare. Tutti hanno diritto di parola su tutto, e basta fare zapping sulla televisione per vederlo

Le regole nelle campagne elettorali

Ma il diritto di parola non include il diritto di togliere la parola a chi sta parlando. Se non sei d’accordo, e vuoi dirlo, non puoi pretendere di farlo nello stesso momento e nello stesso luogo in cui il tuo avversario sta legittimamente parlando. Puoi farlo, nello stesso momento, in qualsiasi altro luogo; oppure nello stesso luogo ma in un altro momento. Queste regole erano rigorosamente osservate nelle campagne elettorali degli anni Quaranta e Cinquanta – i tempi di Peppone e Don Camillo – quando tutta la comunicazione politica si faceva con i comizi in piazza e non in televisione, l’ostilità fra gli schieramenti era fortissima, le piazze erano piene e gli elettori appassionati.

Ciascuno parlava nel luogo e nel momento che gli era stato assegnato

Quando partiva una campagna elettorale, i responsabili locali dei partiti concordavano con un patto scritto l’equa ripartizione degli orari e delle piazze. Ciascuno parlerà dove e quando gli è stato assegnato. Vietato occupare la piazza un minuto prima o tenerla occupata un minuto di più dell’orario stabilito; vietato fischiare, insultare o comunque disturbare l’oratore di turno e i suoi ascoltatori. Per quello che mi ricordo queste regole erano osservate scrupolosamente. Quando suonava l’ora la piazza, che era piena, si svuotava e subito entravano gli altri con le loro bandiere. Così funzionava la democrazia, ed era un bello spettacolo per un ragazzino come me.

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