Registro: le molte ragioni del no

Fine vita. A Perugia lunedì il Consiglio comunale deve decidere se istituire o no il registro comunale dei testamenti biologici

Registro comunale del testamento biologico anche a Perugia dopo Narni e Magione? Lunedì prossimo il Consiglio comunale del capoluogo dovrà prendere una decisione sulla richiesta di istituire un pubblico registro per le Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), presentata da Radicali e Unione degli atei agnostici razionalisti (Uaar) sostenuta da alcune centinaia di firme. Sulla questione lunedì scorso si è tenuto il “Consiglio grande” in una sala dei Notari che ha visto ben altra affluenza su argomenti, evidentemente, più sentiti dalla cittadinanza. Oltre venti gli interventi di associazioni pro e contro l’istituzione del registro. Da una parte Radicali (tra gli altri Pina Welby che ha assistito a tutto il dibattito), associazione Luca Coscioni, Civiltà laica, Unione atei agnostici razionalisti (Uaar) e alcuni cittadini firmatari della petizione. Dall’altra il Movimento per la Vita, l’associazione Scienza & Vita, il Forum delle famiglie, il Circolo La Pira, Identità Cristiana dell’Umbria e alcuni cittadini contrari alla proposta. Difficile, se non impossibile, il dialogo, il “ragionare” sulle questioni se, come ha urlato Marco Pedercini dell’Uaar “qui si tratta di sentimenti, di emozioni, ma chi è intervenuto non ha parlato di persone, il problema è l’accanimento delle gerarchie vaticane!”. “Il testamento biologico è un foglio bianco dove ognuno scrive ciò che vuole. Io non voglio convincere nessuno nè essere convinto” ha detto Alessandro Chiometti di Civiltà Laica. Sono riecheggiati i vecchi slogan per la legalizzazione dell’aborto nelle parole di Giovanni Galieni, Uaar, quando ha detto che “il non credente è proprietario del suo corpo e vuole disporne, non vuole imporre nulla a differenza della gerarchia cattolica che vuole imporre a tutti le sue idee”. E su questa linea è entrato in gioco anche il concetto di “vera qualità della vita” per affermare che “solo la singola persona può decidere cosa rende degna la vita”. Negli interventi a favore della istituzione del registro non si è fatta molta distinzione tra coma e stato vegetativo, tra cura e accanimento terapeutico, non si è dato spazio al problema di come, con il tempo, possano cambiare la conoscenza medica sulla malattia e le terapie ponendo, di fatto, un problema di quanto possa essere realmente “informato” il consenso, o non consenso, dato mesi o magari anni prima. “La dichiarazione anticipata di trattamento (Dat) dovrebbe dare una indicazione, non un ordine, dovrebbe rinsaldare il rapporto medico-paziente in una ‘alleanza di cura’” ha detto Francesca Barone, del Centro diocesano di Bioetica. Acceso anche il dibattito sul valore del registro. “Il Comune ha competenza sulla materia e può istituire il registro” ha detto Alessandra Pioggia docente di Diritto amministrativo. “Se il Comune lo istituisce dovrebbe spiegare ai cittadini tre cose: che non ha valore perché in mancanza di una legge nazionale il medico non è tenuto ad osservare le volontà espresse su un trattamento futuro; come intende realizzare un registro consultabile in ogni momento e da ogni angolo d’Italia; con quali risorse vorrebbe finanziare tutto questo” ha detto Assuntina Morresi, presidente di Scienza&Vita di Perugia. Istituendo il registro il Comune andrebbe contro la legge, ha detto Simone Pillon del Forum delle famiglie. Lunedì la parola passa ai consiglieri comunali. Sceglieranno la via del confronto e dell’argomentare o quella dello scontro tra emozioni?

AUTORE: Maria Rita Valli