San Pietro, così vicino a noi e a Gesù Cristo

Esercizi spirituali dei sacerdoti diocesani con il card. Piovanelli

“San Pietro: una formidabile provocazione per la nostra vita di preti” è stato il tema degli esercizi spirituali per i preti diocesani che il card. Silvano Piovanelli, arcivescovo emerito di Firenze, ha tenuto presso villa “Giovanni Muzi” a Città di Castello dal 26 al 30 aprile. All’iniziativa hanno aderito 16 preti, tra cui molti giovani ordinati negli ultimi anni. Provenendo tutti dalla stessa Chiesa diocesana non vi è stato alcun problema di conoscenza reciproca, anzi da subito si è respirato il clima di condivisione tra chi è stato chiamato a lavorare nella comunità tifernate. I primi giorni sono stati caratterizzati dalla costante presenza di mons. Domenico Cancian, che ha accompagnato i suoi preti prima di volare a Budapest per una riunione preparatoria del Congresso mondiale sulla Misericordia del prossimo anno. Il card. Piovanelli si è sentito perfettamente a casa, e lo ha detto più volte, soprattutto la sera, quando tutti potevano condividere il frutto di ogni giornata di lavoro. Il predicatore non si è sottratto a nessuna domanda dei presenti, né quando si è trattato di ricordare don Lorenzo Milani (suo compagno in seminario) ed altri significativi preti fiorentini, né quando si trattava di affrontare varie problematiche pastorali che la Chiesa si trova oggi ad affrontare. Tema conduttore di tutto il corso di esercizi è stata la grande domanda che Gesù risorto rivolge a Pietro dopo che l’apostolo era stato addirittura capace di rinnegare il Maestro: “Mi ami…? Mi vuoi bene?”. Forse – è stato detto – Pietro è il santo evangelico che rappresenta tutte le persone. Egli è vicino alla nostra umanità, eppure è anche così vicino a Cristo. Pietro possiamo sempre seguirlo; sempre ci conduce a Gesù, ci unisce a Gesù, perché non ha mai permesso alla propria fragilità di separare il suo cuore da Cristo, persino mentre lo rinnegava. Il card. Piovanelli ha proposto le sue meditazioni a partire da questa affermazione. Lo ha fatto congiungendo sapientemente l’abbondanza della Parola di Dio con la immediatezza delle numerose immagini di artisti che, nel corso dei secoli, hanno proposto meditazioni della storia della salvezza; lo ha fatto servendosi del computer e di diapositive che, nel loro scorrere, hanno destato continuamente l’attenzione ed il raccoglimento dei preti presenti. F. M.Quale saràla situazionedel clerotra 10 anni“Qui sono tutti della stessa idea (politica, nda), ma se gli vai a dire di spostarsi di due chilometri nella frazione vicina a fare le riunioni per il catechismo, scoppia la fine del mondo…”. Mi diceva così, scherzando ma non troppo, un prete di campagna, con tre o quattro ex parrocchie sulla spalle, ancora formalmente distinte, di fatto una sola. Con la sua macchinetta, in pochissimi anni ha macinato 80 mila chilometri solo per andare avanti e indietro sul suo territorio pastorale. Un fazzoletto di terra, intendiamoci. Ma la nostra gente non vuol rinunciare al “proprio” parroco, anche se si tratta solo di un “pezzetto” di parroco, in verità. Non vuol rinunciare alla “propria” chiesetta, dove magari ci si va solo a sposare o alla messa di Natale…“La religione è una cosa seria, non è mica la politica…” . Certo, la gente ha delle ragioni. Le radici sono radici! Ma i preti, in diocesi, sono “merce” sempre più rara. Nel 1950 c’erano 156 parrocchie in diocesi, con 130 sacerdoti. Nel 1990 le parrocchie furono ridotte alle attuali sessanta: i sacerdoti erano 76. Oggi sono 54 (senza contare i religiosi) di cui venticinque superano i settant’anni. Anzi, una dozzina è già “over” ottanta. I seminaristi sono quattro. Una speranza, certo, ma non in grado di colmare i vuoti che, ragionevolmente, si produrranno. Tra dieci anni, ci dice la statistica, avremo solo una quindicina di preti con meno di 65 anni. A reggere le parrocchie potrebbero esserci più religiosi e magari religiose. O forse fedeli consacrati, i diaconi, il cui numero è in crescita e sembra destinato ad aumentare ancora. Certo la statistica, quando c’è di mezzo l’Eterno Padre, è destinata, alla pari della sociologia, a fallire. Tuttavia questo non esonera nessuno dal disconoscere quanto l’umana scienza ci può aiutare a capire. Allora è forse il momento di fare un passo avanti anche per i credenti che ci tengono alla Chiesa, al Vangelo, alla “buona novella” per tutti gli uomini, al grandioso progetto educativo lanciato nel mondo da Gesù di Nazareth. In ogni parrocchia della nostra diocesi si prega per avere più pastori e per capire cosa Gesù voglia oggi per la Chiesa di Castello… ma c’è anche chi si impegna per costruire legami di unità tra gruppi e parrocchie, nelle zone di campagna come nelle città. Lavorare uniti è un modo per essere più efficaci nella catechesi e nell’evangelizzazione. Questa gente è la grande riserva di energia della Chiesa tifernate: fedeli che non si lasciano spaventare dalla fine di un momento della storia. Perché la nostra fede viene da lontano e saprà andare ancora molto lontano.

AUTORE: Maurizio Maio