Senza la fede… solo un sasso

La ricorrenza dei defunti

“Fia ristoro ai di’ perduti un sasso”. Questo bel verso de I sepolcri di Ugo Foscolo l’avevo perduto di vista. Me lo ha ricordato una tomba nel mio girovagare per cimiteri in questi giorni: solo che nell’originale l’espressione è un interrogativo, carico di scetticismo, se si vuole; ma nella tomba che ho visto è una affermazione netta, e anche se il “sasso” fosse stato scolpito da Michelangelo, si tratta sempre d’un “ristoro” fasullo. Tanto più che il tempo e il mondo in cui viviamo non sono eterni, e periranno anch’essi, come la scienza ha già dimostrato con il secondo principio della termodinamica, e cioè dell’entropia (esaurimento dell’energia in un sistema chiuso). C’è la morte d’ogni essere vivente e la morte di questo nostro mondo: la prima morte l’attesta l’esperienza, la seconda morte (la fine del mondo, magari fra qualche miliardo d’anni) l’assicura la scienza. E su tutto possiamo mettere sin d’ora l’epigrafe foscoliana, ammesso che per il giorno del nulla definitivo ci sia ancora un “sasso”… Così dice la scienza, ma così non dice la fede, che è un altro modo di conoscere, lungo la stessa trafila della ragione: un conoscere per dono e non per conquista. Un dono, quello della fede, che non viene negato a nessuno, se è richiesto almeno con un gemito. Rimane sempre la libertà della persona umana, che può dire “no” anche a Dio! La fede ci parla d’un passaggio, non d’un annientamento, passaggio dalla vita nel tempo alla vita in Dio, da questa terra pur bellissima a “cieli nuovi e terra nuova”. Chi non crede, si contenti del “sasso”. Occorre in ogni caso, credenti e non credenti, lasciare tutto, assolutamente tutto (azioni in banca, palazzi nelle Antille o dove che sia, aziende, industrie ecc. ecc. ecc.), perché la “roba” non servirà a nulla, e di questa roba terrena in quel giorno non ci sarà assolutamente bisogno. Qualcuno mi dirà che sono un po’ folle. Si, è vero: è la follia della fede in Gesù Cristo che ha vinto la morte. Mi tornano alla mente le parole di quel singolare “profeta” cristiano che fu Vladimir Soloviev, il quale, descrivendo l’avvento dell’Anticristo, con parole d’un realismo storico incredibile per quel tempo (1899), affermava, sintetizzando la fede dell’intera ecumene cristiana: “Nel cristianesimo nulla v’è di più caro di Cristo. Il cristianesimo è lui stesso, e tutto viene da lui, perché noi sappiamo che in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità”. È da questa fede che nasce nei cristiani la speranza (che non è generico desiderio, vagheggiamento, utopia… ma certezza) di incontrare e conoscere finalmente Dio e il suo cielo oltre la soglia della morte. E nasce anche la carità, cioè l’amore per ogni creatura, specialmente quella umana, imparando un po’ alla volta, se mai arriveremo alla fine di questa “scuola”, a dare la vita (e non solo i soldi…) a chi è nel bisogno e a dare il perdono a chi ci ha recato offesa, proprio come ha fatto Gesù, crocifisso e risorto. Altrimenti dovremo contentarci che “fia ristoro ai dì perduti un sasso”, se ci sarà mai un sasso!

AUTORE: † Giuseppe Chiaretti