Storie di imprenditori: giovani che creano lavoro

Giovani e lavoro, due parole che insieme portano ad altre importanti questioni, come quella della famiglia, che è poi la base della società.

Da questo punto di partenza è stato organizzato l’incontro Giovani e lavoro: un cantiere aperto”, promosso dalla Commissione regionale per i problemi sociali e il lavoro della Ceu in occasione del Primo Maggio.

L’iniziativa ha voluto stimolare la riflessione a partire proprio dai giovani e dalle loro storie di resilienza e di intraprendenza. Resilienza perchè quasi tutti sono stati provati dalla pandemia in corso ed alcuni il lavoro l’hanno perduto. Intraprendenza perchè si tratta di persone, giovani appunto, che il lavoro lo stanno creando, anche per altri.

Tommaso, ingegnere cresciuto in oratorio

Come Tommaso Vicarelli, ingegnere informatico di 33 anni che 5 anni fa ha fondato una start up di sviluppo software e data analysis.

“Questa scelta non è stata affatto facile. Soprattutto i primi anni avviare qualcosa da zero è stato difficilissimo. Mi sono sentito spesso solo (eh, non si hanno tanti amici che hanno un’impresa e dei dipendenti a 30 anni), e tante cose purtroppo vanno sperimentate sulla propria pelle, come la perdita di qualche dipendente che decide di cambiare lavoro” ha raccontato Tommaso.

“Mi ritengo però fortunato perché dal punto di vista professionale ho sempre potuto scegliere, e questo grazie alla formazione che ho ricevuto: sia tecnica sia manageriale. Mi sono laureato in ingegneria informatica, che anche oggi è un settore in crescita, ma ho fatto tante esperienze in oratorio e in Pastorale giovanile che hanno permesso di formarmi non solo da un punto di vista tecnico, ma anche manageriale”.

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Da qui la scelta di rimanere a Perugia, nella sua città natale, per lavorare sul e con il territorio. “Questa possibilità di scegliere mi ha permesso di fare scelte importanti, come quella di rimanere a Perugia. La società in cui ho fatto la tesi, a Roma, mi aveva proposto di rimanere, così come avevo ricevuto offerte da un paio di società di consulenza a Milano. Ho scelto di rimanere perché sono legato a questo territorio, perché penso che il mio territorio mi ha dato tanto, ed è giusto che io restituisca un po’ di quello che ho ricevuto”.

Tommaso è anche sposato e padre di una bambina: “Due parole su fare l’imprenditore e avere una famiglia – ha aggiunto -. È una lotta continua contro il tempo, che spesso perdo. Ma anche qui il segreto che ho sperimentato è vivere quel tempo come un dono. Il tempo dedicato alla famiglia non è ‘tempo rubato al lavoro’ e viceversa, ma sono entrambi un tempo che mi è stato donato per fare del mio meglio per gli altri. A volte ci riesco”.

Lorenzo e Ilaria, dall’Australia … allo zafferano

Dal settore informatico a quello agricolo con la testimonianza di Lorenzo e Ilaria, coppia originaria dei Castelli romani, che dopo un’esperienza di lavoro in Australia, ha deciso di tornare in Italia, più precisamente a San Pellegrino di Norcia.

“Inizialmente eravamo molto euforici dell’Australia, tutto organizzato, stipendi alti, tasse basse. Pian piano però ci siamo resi conto di quante cose avevamo lasciato. Come la spiritualità del lavoro, quel tramandare una semplice ricetta, il curare l’orto di casa” racconta Lorenzo.

“Così abbiamo deciso di rientrare e siamo andati a San Pellegrino, un posto meraviglioso dove il tempo rallenta e le persone si conoscono tutte. Lì poi avevamo a disposizione circa 3 ettari di terreno della famiglia di Ilaria e abbiamo aperto un’azienda agricola.

Tutto è cominciato con la coltivazione dello zafferano, era l’inizio del 2016. Da lì a pochi mesi è arrivato il terremoto”. Lorenzo e Ilaria hanno attraversato una tempesta, ma hanno anche sperimentato il valore di quella comunità che tanto mancava loro.

“Ci siamo ritrovati in un luogo dove non sapevamo ancora muoverci, famiglia e amici erano lontani, e non sapevamo cosa fare. Dopo il terremoto e i primi giorni di smarrimento siamo andati dai vigili del fuoco perchè la struttura dove custodivamo circa 40 quintali di bulbi di zafferano, il nostro investimento, era danneggita e in parte crollata. Gli abbiamo chiesto se si poteva puntellare la struttura per recuperare i bulbi, ma non era possibile. Però i vigili del fuoco non ci hanno abbandonato e sono entrati nella struttura, facendoci anche preoccupare, per recuperare tutti i bulbi.

Poi un’azienda agricola ci ha permesso di poter stoccare i bulbi temporaneamente perchè non potevano prendere la luce del sole. Nel periodo della raccolta, ad ottobre, è arrivato il secondo terremoto. Non avevamo la possibilità di fare una mondatura e raccogliere i fiori in un impianto grande come il nostro. Allora è arrivata la gente del paese a lavorare con noi, senza che li avessimo invitati, solo per aiutare.

Ecco, vorrei rivivere il senso di unità e solidarietà di quei giorni. Non è il Covid che mi spaventa, sono più le persone”.

Marco, dall’olio … ai cosmetici

Anche Marco Manni, da Terni, è un giovane nel campo dell’agricoltura. La sua filosofia, come imprenditore, è quella della trasformazione. “L’idea è quella di trasformare i prodotti della terra in qualcos’altro. Per questo dall’olio abbiamo creato una linea di cosmetici naturali”.

Dopo un inizio cauto, con la vendita dei prodotti solo in alcune farmacie locali, l’azienda prende piede, ma subisce un arresto con la pandemia. “Non ci arrendiamo e stiamo sfruttando questo tempo di stop per reinventarci”.

Marta: il bar senza slot “chiuso” dal Covid

C’è poi chi non è riuscito, nonostante gli sforzi, a resistere al terremoto della pandemia. Marta Rossi, 35 anni, dal 2014 gestiva insieme ad alcuni suoi coetanei un circolo territoriale con un parco e un bar a Foligno.

“Sono laureata in Metodi e tecniche del Servizio Sociale, quindi mi sono buttata in un campo che non era proprio il mio con questo lavoro” ricorda.

“Poi però siamo riusciti a ridare valore sociale e significato a un luogo, rendendolo polmone verde del nostro territorio ‘distrutto’socialmente (droga e malavita notturna ed anche diurna).

Abbiamo rinnovato il bar dove abbiamo rinunciato alle slot machine e al loro guadagno, come segno di pulizia, chiarezza, trasparenza. Dopo sei anni però la nostra gestione è terminata a causa del Covid”. E con amarezza ammette: “Se fossimo stati sostenuti dalle istituzioni avremmo continuato”.