Dal “Titan” domande inquietanti

È finita male l’avventura dei cinque che avevano tentato di calarsi nel fondo dell’Atlantico, a 4.000 metri di profondità, per dare un’occhiata ai resti del Titanic, naufragato nel 1912. I cinque (il pilota, il proprietario del mezzo e tre passeggeri paganti) erano a bordo di una navicella sottomarina già sperimentata, ma evidentemente non abbastanza sicura. La notizia dell’inizio dell’immersione aveva avuto un certo risalto sui media. Ma quando poi il sottomarino non ha dato più segnali, pareva che tutto il mondo stesse in ansia, finché non è stato accertato che la navicella era stata schiacciata dall’enorme pressione delle acque. Questo episodio ci induce a qualche riflessione.

Quelle persone sapevano bene che rischiavano la vita. I tre passeggeri avevano pagato a testa 250 mila dollari, una cifra spropositata. Perche cosa, poi? Per intravedere nell’oscurità dell’abisso marino, per pochi istanti, il relitto di una nave affondata. Diciamo: per avere il gusto di potersene vantare, a dispetto di tutti quelli che non se lo possono permettere. Che è un modo di agire assai diffuso. Scelte di questo genere hanno un senso? Sono accettabili dal punto di vista morale? Formulo la domanda senza dare qui una risposta.

Seconda riflessione: appena si è saputo che il sottomarino non dava più segnali, si è messa in moto la macchina dei soccorsi, con la fretta di chi sapeva che i naufraghi avevano solo un paio di giorni per sopravvivere chiusi in quel guscio (poi si è capito invece che erano morti immediatamente). Tutta l’ansietà per la sorte di quegli sventurati, sollecitata dai giornali e dalle tv di tutto il modo, poteva essere anche giustificata, ma contrastava con l’indifferenza, per non dire il cinismo, di tanti (governanti e semplici cittadini) quando chi rischia la vita non sono personaggi straricchi in gita di piacere, ma derelitti che scappano dalle contrade più povere del mondo, per sfuggire a un destino di fame, stenti, guerre civili, persecuzioni.

Non solo i Governi (specialmente alcuni) trascurano i soccorsi o li concedono con il contagocce, ma addirittura minacciano di ostacolare e perseguire le iniziative basate sulla generosità di privati che se ne fanno carico. Il confronto fra le due situazioni – quella dei turisti sul sottomarino e quella dei profughi sui barconi – dovrebbe rendere inquiete le nostre coscienze.

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