Il terremoto e la sua problematica ricostruzione; l’economia che fa registrare dati contrastanti; i trasporti pubblici che oscillano tra il successo clamoroso del Frecciarossa Perugia-Milano e il complicato riavvio della Fcu, fino ai voli a singhiozzo dell’aeroporto regionale; la politica che cambia negli uomini ma non pare cambiare nei provvedimenti. Può essere questo un quadro per sintetizzare il cammino dell’Umbria nel 2018.
A dimostrazione di come la comunità regionale risenta della congiuntura nazionale e internazionale vale la pena mettere a confronto diverse letture dei vari periodi dell’anno, tra delusioni e speranze.
Ires: si era partiti bene…
Mario Bravi, presidente dell’Ires Umbria, ha sottolineato che “nei primi 6 mesi del 2018 si era affermata in Umbria una tendenza positiva sul terreno dell’occupazione, con un recupero certificato anche dall’Istat e dalla Banca d’Italia. Come Ires e come Cgil avevamo sottolineato però la persistente scarsa qualità dei rapporti di lavoro, con solo circa il 20 per cento delle nuove attivazioni effettuate con contratti a tempo indeterminato.
Ora, nel terzo trimestre 2018 ci troviamo di fronte a un brusco peggioramento, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. Questo emerge dagli ultimi dati dell’Osservatorio nazionale sul precariato dell’Inps (relativi appunto al terzo trimestre 2018). Il dato cumulato, relativo ai primi 9 mesi dell’anno in Umbria, vede un totale di 66.763 attivazioni e 57.602 cessazioni (con una differenza positiva di 9.161 unità).
Sembrerebbe di per sé un dato positivo, ma, se lo confrontiamo con i dati dei primi 6 mesi, vediamo che c’è una contrazione della differenza tra contratti attivati e contratti cessati (a giugno eravamo a +10.437) e quindi il trend è in evidente discesa. In questi giorni l’Istat ha rilevato un pesante peggioramento nel terzo trimestre 2018 anche sul dato relativo alla quantità degli occupati, che passano in Umbria dai 358 mila del secondo trimestre 2018 ai 351 mila del terzo (quindi con un calo di 7 mila unità).
Diminuiscono anche i disoccupati, che scendono da 35 mila a 30 mila, ma con il dato – significativo e al tempo stesso preoccupante – dell’aumento degli inattivi, che addirittura salgono di 14 mila unità, passando dai 374 mila del secondo trimestre 2018 agli attuali 386 mila. Questi dati dovrebbero far riflettere anche coloro che nei primi sei mesi dell’anno si erano sbilanciati in analisi troppo ottimistiche”.
Istat: Umbria a fondo elenco
Intanto l’Istat segnala quanto il terremoto abbia inciso sul Pil (Prodotto interno lordo). “Anche a causa degli eventi sismici che hanno colpito il Centro Italia a fine 2016, il Pil dell’Umbria – ha scritto l’istituto – ha registrato nel 2017 una variazione nulla, mentre le Marche hanno subìto una lieve flessione (-0,2 per cento)”. Lo zero arriva dopo un 2016 in cui il Pil è calato dello 0,8 percento e, se si prende la media dal 2011 al 2017, la flessione è dell’1,4 per cento all’anno.
L’Istat ha preso in considerazione anche la spesa per consumi delle famiglie: da questo fronte arrivano segnali migliori rispetto al Pil, dato che nel 2017 si parla di un aumento (continua a leggere sull’edizione digitale de La Voce).
Emilio Querini