Verso progetti missionari comuni

In prossimità della Giornata mondiale missionaria le riflessioni di Modesto Polchi, direttore dell'ufficio missionario diocesano: "missione è condurre la gente a Gesù"

Domenica 24 ottobre la Chiesa celebra la Giornata mondiale missionaria. In vista di questo appuntamento abbiamo chiesto alcune riflessioni al diacono Modesto Polchi, direttore dell’ufficio missionario diocesano che recentemente ha partecipato al convegno missionario nazionale che aveva per tema “Comunione e corresponsabilità per la missione” (con lui c’era suor Teresa Mangattu, animatrice missionaria nella scuola “San Francesco di Sales” e catechista nella parrocchia della cattedrale). Durante il convegno – ricorda Polchi – è stato ribadito che se la Chiesa e le comunità cristiane italiane vogliono riscoprire il senso vero e l’urgenza della missione, è necessario che ritrovino voce e gesti coraggiosi di profezia. La “Missio ad gentes” è proprio uno di questi segni forti. La missione consiste nel far accedere continuamente tutti gli uomini a quel punto “fisso”, e mai superabile, che è il Risorto. La missione non è andare oltre Gesù, ma un condurre la gente a Lui; questo anche se si vive in un contesto pluralistico di popoli e religioni. Dobbiamo sempre ricordare che non c’è missione senza il vento impetuoso dello Spirito santo e che quanto più piena è la docilità di ogni persona all’azione dello Spirito santo, tanto più feconda diviene la sua missionarietà. Questo è vero anche per le nostre parrocchie. Esse saranno missionarie soprattutto quando capiranno che devono essere a sua volta evangelizzate. In ogni parrocchia quello che si può ricevere da quanti sono lontani è importante quanto ciò che si può dare a quelli che sono vicini. Uno degli obiettivi del recente convegno è stato quello di tentare di realizzare una comune progettualità missionaria all’interno della Chiesa italiana, nella quale è necessario far convergere le “forze” missionarie. A tal proposito il card. Tettamanzi ha ricordato che “non è più possibile pensare le nostre parrocchie e le nostre diocesi come mondi chiusi in se stessi: devono diventare case ospitali. In realtà, riusciremo ad essere tanto più ospitali quanto più matureremo in una fede viva e in una identità precisa”. Il card. Sepe ha detto che nella vita delle nostre comunità deve esserci un solo desiderio: che tutti conoscano Cristo, che lo scoprano per la prima volta o lo riscoprano se ne hanno perduto la memoria. Il volto della comunità parrocchiale diventerà missionario cominciando non tanto dalle sue iniziative, ma da una rinnovata esperienza di comunione.