Merito o furto?

“La proprietà non solo non è un furto, ma un merito”. Colta al volo, sulla bocca di un autorevole esponente della più autorevole assemblea del nostro paese, il Senato della Repubblica. È in corso un dibattito televisivo allestito da TV 3, della serie Primo Piano. Oggetto del contendere, la legge che – dicono – regoli il conflitto d’interesse. Duellano il Sen. Nania, di An, bellamente aggressivo sotto la cascata dei capelli inopinatamente candidi, e l’on. Angius, dei Ds, gesto rotondo, quasi monsignorile, eloquio a scatti, con esubero di consonanti doppie, com’è giusto in chi proviene dalla Sardegna. Arbitra Maurizio Mannoni, faccia a larga banda, da professore di ginnastica recentemente eletto vicepreside. La notte incombe. Il mio personale conflitto d’interesse è fra l’arsura che brucia la gola e l’ennesimo bicchiere di acqua con le bollicine, che da parte del mio capoccione accaldato comporterà il notturno rilascio sul cuscino, già abbondantemente zuppo, di altri decilitri 1,5 di sudore (i calcoli sono approssimativi, reale l’infracidamento del cuscino). Proprietà come merito. Proprietà come furto. In mezzo alle due affermazioni estreme una moltitudine di gente alla quale non gliene importa proprio un tubo se la proprietà merita l’aureola o le manette: si limitano ad arraffarne per sé il più possibile, impiegandola nel modo che meglio conviene loro, ad esclusivo uso e consumo proprio. Cambiano i tempi, cambiano le coscienze. Quanti erano i giovani che allora non volevano sentire ragioni, se qualcuno azzardava di suggerire loro che forse…beh! Proprio un furto… sempre e comunque…automaticamente… ! Quanti! Oggi siedono dietro scrivanie sterminate. Pensano ad altro. A tutt’altro. Ma io mi domando dove sia il vero cambiamento: nella sostituzione di “merito” a “furto” o nel menefreghismo culturale e morale grazie al quale fra furti e meriti non c’è più nessuna differenza?